Abbandonandosi ai ricordi del passato, crogiolandosi – aggiungerebbe qualcuno con un pizzico di benevola ironia – non è puro esercizio mnemonico, inutile, sterile,
ma può essere un mezzo per riflettere, ripensare, prendere qualche decisione e – perché no? – fare qualche passo indietro. Perché non è vero quello che comunemente si pensa o anche si dice che il passato non conta nulla e che il nuovo sia migliore. Se riflettiamo, quante sono le criticità, le fragilità della modernità?. Non mi prolungo in questo preambolo e dico subito quel che intendo proporre. Una riconsiderazione sulla vita che si svolgeva sino ad alcuni decenni fa soprattutto nei piccoli paesi – come il mio (Squinzano) - e non certamente nelle città e ancor meno nelle metropoli. C’era un sacro rispetto delle persone, non ricche ma che rappresentavano le Istituzioni: il medico condotto, dipendente del Comune con obbligo di residenza e quindi disponibile notte e giorno, il sabato e la domenica e in tutte le altre feste comandate.
Aveva un senso quell’obbligo di residenza, eccome! C’era il parroco che abitava la casa canonica da solo o con la sua famiglia, disponibile sempre per un consiglio o per altre sue mansioni urgenti e imprevedibili, quali, ad esempio, quella di somministrare la Comunione a chi sia impedito ad uscire da casa, di ungere con il sacro olio degli infermi un moribondo. Ora non c’è più, dice la Messa la mattina – e non sempre (durante l’estate non più o quasi) – e a pomeriggio e poi pranza, cena e dorme a casa sua. Questo fatto ha contribuito a far perdere il senso religioso del vivere. Un’altra innovazione, che a me non è piaciuta e continua a non piacere, la legge del mandato per soli nove o dieci anni di un parroco per poi migrare in un’altra realtà. Si dice cha ha uno scopo: quello che non si stabiliscano legami molto forti tra lui e i fedeli.
Ma che c’è di male se quei legami non hanno nulla di torbido, di peccaminoso o di illegale? Perché una persona – ovviamente di fede – che sia battezzata in una parrocchia, cresca in un’opera religiosa (Azione cattolica, Scout, per citarne qualcuna), si sposi in quella, non debba desiderare che i suoi figli vengano battezzati, cresciuti e “sposati” – se così si può dire (nel matrimonio – se ricordo bene il Catechismo - il sacerdote è un testimone, cioè uno che ratifica l’unione dei due sposi mentre i ministri sono loro)? Ora invece questo assetto istituzionale è stato spazzato via: il medico, dopo le sue ore di ambulatorio, scappa via – e non commette nessun reato – lo stesso dicasi del parroco. Rimane ancora, e per il momento, il maresciallo dei Carabinieri per fatti ovviamente gravi che riguardano l’ordine pubblico e la civile convivenza. Almeno credo. Ovviamente quando non gode del riposo previsto per le ferie o per motivi di salute.
In quel caso lo sostituisce pienamente, a norma di legge, un altro militare vicario. Altra cosa grave, della quale non ci si sta rendendo conto, è che in ambito sanitario c’è mancanza di medici, che ancora si è aggravata a causa della pandemia, che non è passata – non ci si illuda – sia dei medici ospedalieri (tutti o quasi gli organici non sono coperti), che di quelli territoriali (tanti piccoli paesi, soprattutto quelli di montagna) sono senza pediatra, senza postazione di guardia medica. E allora – e chiudo – non si può forse concludere con la solita popolare battuta: “si stava meglio quando si stava peggio”? E, sì, la mia è una domanda
alquanto provocatoria ma, forse, non è legittima e condivisibile? Pur dando atto che la Medicina ha fatto passi da gigante nella ricerca e dal punto di vista tecnologico, e che in campo religioso Papa Francesco sta facendo di tutto per portare alla normalità la gestione amministrativa del Vaticano, a costo di attirarsi tante inimicizie.
(Lettera del dott. Salvatore Sisinni)