Sisinni: "A Casalabate c'era un medico di guardia H 24, oggi né medico né farmacia"

a cura della 22 Luglio 2021

Quando nel campo della sanità o in qualsiasi altro (giustizia, scuola, pubblica amministrazione) si commettono degli errori e, poi, ce ne si accorge e ci si ostina a non porvi rimedio, che cosa vuol dire se non che non si ha rispetto

(o se ne ha poco) per i cittadini? Mi riferisco alla grave carenza di camici bianchi che, da alcuni anni, viene denunciata, da Nord a Sud, prima di quelli ospedalieri ed ora anche di quelli territoriali (medici di famiglia, pediatri ambulatoriali). E le richieste di aiuto, di soccorso, vengono puntualmente inascoltate da parte dei politici. Che sono – bisogna dire la verità e bisogna ammetterlo – in tutt’altre faccende affaccendati; vale a dire impegnati in Senato a scontrarsi sul disegno di legge sull’omotransfobia, presentato dal democratico Zan. Come se non ci fossero problemi ben più gravi ed urgenti da affrontare e, possibilmente, risolvere.
Ne cito qualcuno: la pandemia da Covid con alcune varianti – l’indiana – che continuano a far paura, il destino dell’ex Ilva di Taranto, l’imminente riapertura delle scuole in sicurezza e, appunto, la carenza di medici nel nostro bel Paese. A proposito di quest’ultimo problema, “la Gazzetta del Mezzogiorno” di domenica 18 luglio scorso informava i lettori che, insieme a Santa Maria di Leuca, Gallipoli, ridente e affollata cittadina dell’estremo sud del Tacco d’Italia, dove l’Adriatico si abbraccia con lo Ionio, la Guardia Medica è chiusa per mancanza di medici. La stessa cosa accade nella marina più modesta di Casalabate, a pochi chilometri di distanza dalla città di Lecce, nella quale io non so se devo dire di avere la fortuna o la sfortuna di villeggiare sin dai lontani anni cinquanta. E dico di più: su questa marina, già verso la metà degli anni sessanta c’era la postazione del medico di guardia in servizio permanente nell’intero arco delle ventiquattr’ore, all’ombra della storica Casa dell’Abate, sede di una sezione distaccata della Guardia di Finanza, dove un gruppo di militari in divisa gialloverde perlustrava, a turno, la costa, per bloccare il traffico illecito delle sigarette (all’epoca non si parlava ancora di droga, almeno da noi) e scoraggiare la altrettanto pesca di frodo. Quella casetta del medico di guardia – ricordo benissimo – era circondata da delle casupole disadorne dove abitavano i pescatori, intenti, nelle giornate in cui il mare era agitato dal caratteristico vento di tramontana, a riparare le reti danneggiate.
Ora che la marina è ricca di case e, nel periodo che va dal 15 luglio al 15 agosto, registra un numero di presenze che supera le trentamila unità, c’è soltanto un’ambulanza del 118 con un solo infermiere, i due barellieri e, ovviamente, l’autista, ma senza medico a bordo. Quindi il servizio sanitario si è ridoto al lumicino quanto a prestazioni, mentre le tasse che puntualmente arrivano sono aumentate in maniera esponenziale. Pertanto, se una persona cade sugli scogli procurandosi una ferita lacerocontusa al capo, perché le vanga suturata – come previsto dalle buone regole mediche – deve recarsi in macchina al Pronto Soccorso del nuovo ospedale Vito Fazzi, distante varie decine di chilometri oppure a quelli di San Pietro Vernotico e di Campi Salentina, i più vicini. Ma si possono accettare certe situazioni? C’è da esclamare, sospirando: “Si stava meglio quando si stava peggio!”, senza dire ancora che la farmacia è chiusa, per cui una persona che venga colta da un banale e frequentissimo mal di testa, per avere un semplice antidolorifico, deve recarsi a Lecce oppure a Squinzano o a Trepuzzi, i​ due paesi più vicini. Chiudo col porre la solita, ormai abusata domanda, destinata purtroppo a non avere risposta: Come mai alcuni politici ed anche medici, - quelli che sono ai vertici della sanità a livello locale e regionale – si ostinano a sostenere che il nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN in sigla) è uno dei più avanzati tanto da esserci invidiato da parte degli altri Stati europei. Io non ci credo proprio. E vorrei tanto che qualcuno mi convincesse del contrario. Gliene sarei infinitamente grato. E poi – udite! Udite! – a livello centrale del Ministero della Salute o del governo ci si ostina a riproporre il numero chiuso per accedere alla facoltà di Medicina in base al criterio dei test a risposta multipla, almeno alcuni di cultura generale o della logica. Ma quale logica se, data la situazione del Paese, sono di per sé illogici? Incredibile, ma vero!

 

(Lettera del dott. Salvatore Sisinni - Squinzano)

Redazione

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