Madonna dell'Alto, l'intervento del FAI non è l'unica soluzione possibile

di Marco Antonio Presta 16 Dicembre 2020

Si sente spesso parlare del FAI (Fondazione Ambiente Italiano) come unica soluzione per la valorizzazione dei beni culturali del territorio.

Ma sarà davvero questa la giusta strada da percorrere? O possiamo avvalerci di un altro e più valido percorso? Analizziamo i pro e i contro di un sistema che da anni è la giusta scusante di un’Italia e soprattutto di un Salento, spesso incapace di prendersi le proprie responsabilità e mettersi in gioco nell’ambito dell’imprenditoria dai risvolti culturali e turistici. Negli ultimi giorni proprio il FAI ha indetto un’iniziativa chiamata “I luoghi del cuore”, dove una serie di “ruderi” di tutta Italia è candidata per un finanziamento di massimo 50.000 euro per chi raggiunge il podio. Naturalmente tutto questo non senza conseguenze, infatti, partecipando al bando, una volta entrati a far parte della “famiglia FAI”, si devono necessariamente accettare una serie di misure da parte della fondazione, che potrebbero comportare anche una limitata azione progettuale da parte degli autoctoni e dei proponenti del progetto stesso. Parlando più nello specifico del nostro territorio, ultimamente, un ente privato locale ha ben pensato di far partecipare a questi “luoghi del cuore” (non si sa a che titolo, visto che la villa Palladiana è di proprietà privata e la chiesa della Curia) la “nostra” Madonna Dell’Alto, posto che richiede ancora tanto studio e ricerca e che, gestito nel modo giusto, potrebbe rappresentare per agli abitanti dei paesi limitrofi e non solo, una fonte di lavoro. Ma andiamo per gradi e vediamo bene il perché in alcuni casi il FAI non conviene.

Innanzitutto, capiamo come questa fondazione reperisce e spende i propri soldi: la fonte di finanziamento principale sono le grosse aziende con circa il 68%, seguite dal 22% delle aziende più piccole, poi ci sono le istituzioni con circa il 2%, e in fine l’8% proviene da associazioni, fondazioni e investimenti vari. Questi introiti vengono divisi tra lavori, restauri e gestione dei beni, promozioni, raccolte fondi e servizi generali. Tutto molto bello, proprio perché una parte di questo denaro viene speso per recuperare e valorizzare ciò che altri enti, tra pubblici e privati non fanno, dando così prestigio al territorio con azioni sontuose e sfarzose, ridonando al bene abbandonato quella dignità e bellezza esteriore sottratta dal tempo. In tutto ciò però, “the dark side of the moon” (il lato oscuro della luna), come cantavano i Pink Floyd, esiste… Ovvero la gestione e quindi il valore intrinseco e materiale del bene che non appartiene più al territorio in cui si trova. Partiamo dal fatto che una volta donato al FAI, il bene viene come privatizzato, non crea né introiti utili alla comunità, né posti di lavoro; infatti, chi offre dei servizi al suo interno, sono solitamente volontari iscritti al FAI, quindi non retribuiti e difficilmente autoctoni; gli indotti dello stabile vanno a finire alla fondazione, che utilizzerà una parte degli stessi per pagare le varie utenze e l’altra verrà investita in opere dislocate nelle più disparate parti d’Italia; per non parlare poi della ricerca storico – archeologica, spesso trascurata e comunque non centrale. Così è stato per Cerrate, luogo che del Bello ne ha elevato il Sacro, sì, ma con il biglietto d’entrata di circa 10 euro, di circa 70 euro per le foto di matrimonio all’interno del giardino e il divieto di celebrare matrimoni, in una Chiesa che a mio parere non ha nulla da invidiare alla chiesa di Santa Maria Antiqua nei Fori Imperiali a Roma. Non tralasciando anche il fatto che rimane chiusa durante i periodi invernali e quindi non è praticamente mai visitabile, come se il turismo nei mesi invernali si fermasse del tutto o come se noi abitanti del posto volessimo visitarla solo nei mesi estivi. Ad oggi possiamo ancora andare a fare quelle lunghe passeggiate, o andare a correre, o a raccogliere i prodotti della terra ecc.; siamo sicuri che un domani potremo fare tutto tutto questo? Potremo ancora riempire il nostro sguardo di quella bellezza storica che i nostri avi ci hanno lasciato? O lo si potrà fare solo pagando un biglietto? Certo, la visita guidata è chiaramente un servizio che deve essere pagato (possibilmente a gente del posto), ma io parlo delle semplici passeggiate tra il verde e la storia, con quale scusa ai nostri figli diremo di non poter calpestare i luoghi della nostra terra?
Per questo ora mi chiedo e vi chiedo, è giusto donare Madonna Dell’Alto al FAI? Quei luoghi sono del popolo, e devono essere utilizzati per creare posti di lavoro tra la gente della zona, per creare un turismo culturale durante tutto l’anno, creare interesse attorno alle nostre comunità. Non dico che sia facile ma non è impossibile! I finanziamenti per valorizzarla possono essere trovati, ne esistono vari, tutto sta nel saperli utilizzare. Ripeto, non è facile ma è la passione che muove le cose nella vita e io sono convinto che in un modo o nell’altro potremo ridare vita a quel meraviglioso posto incantato, fermo nel tempo. Il FAI teniamocelo come ultima possibilità, quando vedremo che ormai non c’è più nulla da fare, allora sì, ben venga il FAI.

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