Diverse volte sono intervenuto sulle bellezze del nostro territorio, dal Convento di Sant’Elia, alla Chiesa dell’ Annunziata.
Oggi però, vorrei parlarvi di un altro splendido esempio di bene storico-archeologico poco valorizzato e purtroppo depredato, dove poco tempo fa, durante una passeggiata con il “gruppo speleologico leccese ‘Ndronico”, capitanato da Marcello Lentini, abbiamo cercato di capire qualcosa in più su questo misterioso luogo, viste le poche indagini archeologiche effettuate in loco. Madonna dell’Alto è conosciuta ai più per aver ignaramente ospitato in passato storie di malaffare; pochi conoscono la sua vera storia e le sue antiche origini. Prima di tutto occorre dividere storicamente questo territorio in due zone, la prima dove si trova la Villa Palladiana, esempio quasi unico di neoclassicismo nel Nord Salento; la seconda dove si trova la Chiesa dedicata alla Madonna del Latte, così come si evince da un dipinto della Vergine con il bambino, nell’atto di succhiare il latte dalla mammella della madre, (conservato fino a poco tempo fa nella sagrestia della Collegiata Santa Maria delle Grazie di Campi Salentina) che arricchiva l’unico altare tardo-barocco, presente nella struttura. Questa Chiesa in stile romanico, risalente al XIII - XIV secolo, a detta degli studiosi e non solo (basti osservare l’architettura nel complesso), sarebbe stata costruita sopra ad una precedente struttura risalente al VI-VII secolo e forse, successivamente, abbandonata e distrutta durante l’invasione Saracena che devastò Bagnara, a pochi passi dal sito (ma questa è solo una delle tante ipotesi). Le colonne in stile dorico, inglobate all’esterno della struttura, e la forma dell’abside, non sono altro che la prova di un riuso di questi materiali, probabilmente utilizzati nella precedente costruzione. Accanto la Chiesa sorgono strutture che molti studiosi hanno riconosciuto come sagrestia, o alloggi, del celebrante di turno. Nel secolo scorso, una scoperta significativa aprì nuovi scenari sul luogo, in occasione del rinvenimento di un’iscrizione messapica dedicata alla Dea Afrodite, risalente al IV secolo a.C., a dimostrazione del fatto che il sito veniva molto probabilmente, già frequentato in età Messapica ed utilizzato come luogo di culto.
La villa Palladiana invece, risale al 1800 e probabilmente fu costruita seguendo le orme di villa Capra, conosciuta ai più come La Rotonda, situata nella città di Vicenza e realizzata dall’architetto Andrea Palladio (da qui palladiana) che si ispirò, a sua volta, al Pantheon di Roma costruito da Agrippa (generale romano e amico fedele di Ottaviano Augusto). Non si conosce ancora bene quale fosse la sua funzione, ma la collocazione è particolare, in quanto sotto ad essa, tramite un'entrata angusta, adiacente alla villa stessa, si accede ad un grande ambiente di forma triangolare con dei sedili che percorrono tutto il perimetro e al centro della sala due pietre circolari sovrapposte in ordine decrescente, sormontate da una colonna di epoca recente, messa li come a sostegno della struttura; questo ipogeo apparentemente simile ad un frantoio, con ogni probabilità, non lo era, poiché troppo stretto e soprattutto privo di aperture sul soffitto da dove far cadere le olive.
Dopo questo excursus storico, ritorniamo alla nostra passeggiata con Marcello e la sua troupe per analizzare le ipotesi emerse. Iniziamo con quelle che forse sono le stanze del celebrante e la sacrestia. Sicuramente tra il XVII e XVIII secolo, quegli ambienti furono utilizzati per la preparazione dell’olio, quindi un vero e proprio frantoio; questa ipotesi è venuta alla luce da un’attenta analisi della struttura e degli ambienti interni, come ad esempio, le aperture tra una stanza e l’altra, due delle quali, presentano un grosso foro tondeggiante nella parte superiore, e alle estremità, segni di canali scavati come se fosse inserito qualcosa, tipici segnali della presenza di un torchio a leva orizzontale. Altra ipotesi, naturalmente da confermare, dato che ci siamo basati semplicemente sulle nostre impressioni, è stata avanzata per l’ipogeo di forma rettangolare con le sedute e le pietre circolari al centro; esclusa l’ipotesi frantoio, le proposte emerse sono due: la prima, un ipogeo legato a riti messapici, anche se le sedute non erano contemplate per questo genere di cerimonie; la seconda, invece, forse più vicina alla realtà, ci ha fatto pensare al “laconicum”, ovvero una sauna che si utilizzava nei bagni dell’antica Roma, e ancor prima a Sparta, nel quale ambiente centrale vi era presente una o più pietre circolari, dove si accendeva il fuoco, e sotto al pavimento scorreva l’acqua, che riscaldandosi creava quella calda umidità tipica delle saune moderne. C’è da dire però che proseguendo nell’ipogeo, dopo la stanza triangolare (separata dagli altri ambienti, da un muro aperto solo nella parte superiore) vi sono due altri ambienti che vennero utilizzati dall’800 in poi (in seguito alla costruzione della villa Palladiana) come cisterna dell’acqua, comunicante con un piccolo pozzetto situato all’interno della villa.
Madonna dell’Alto è un posto magico, anch’esso, come il Convento di Sant’Elia, ricco di storia, della nostra storia, celata da quei ruderi abbandonati a loro stessi e lasciata alla solitudine del tempo, di quel tempo che non ha rispetto della storia. Le anziane del posto raccontano che il monte sacro (dov’è situata la chiesetta e la villa) altro non è che una specchia, cioè i resti di una piramide preistorica del 3000 a.C., dove nacque la prima donna che dette origine alla popolazione attuale. A me piace pensarla così, come una vecchia piramide costruita dalla nostra “Eva”, costruita da colei che ha dato inizio a ciò che oggi chiamiamo il popolo Salentino e che nulla ha da invidiare ai grandi popoli di un tempo, perché la nostra, forse quasi del tutto sconosciuta, sarà sicuramente stata una grande storia, che aspetta lì inerme, in attesa di rivedere la luce.