Gli effetti psicologici dell'emergenza: la riflessione della Dirigente Scolastica De Simone

a cura della 28 Ottobre 2020

Riceviamo e pubblichiamo integralmente la riflessione della Dirigente Scolastica Loredana De Simone circa l'emergenza in atto e le relative difficoltà, opportunità e strategie da attuare o modificare nel mondo della scuola e delle relazioni interpersonali.

"I provvedimenti assunti dal governo dal mese di marzo, al fine di contrastare la diffusione del Covid-19, ha avuto effetti di rilevante portata sulla dimensione psicologico-sociale dei cittadini. Questo lungo periodo emergenziale ha posto tutti, piccoli e grandi, di fronte a sentimenti profondi, quali paure e smarrimento tali da determinare, inevitabilmente, un forte cambiamento nello stile di vita, nelle abitudini, nei comportamenti e nelle dinamiche relazionali. Come sottolinea il prof. Castelnuovo dell'Università Cattolica di Milano, le persone hanno avuto un forte impatto con la paura del contagio, della malattia, dell'isolamento e, anche, della morte. Questo ha determinato stati fobici e ansiogeni diffusi e generato una trasformazione nei comportamenti sociali, con importanti ricadute sulle future dinamiche relazionali. La scuola, come ogni settore produttivo e sociale, ha dovuto affrontare situazioni inaspettate e difficili da gestire, con ripercussioni su allievi e genitori che, costretti ad un isolamento forzato, hanno fronteggiato il lungo periodo di quarantena, la conseguente noia nel dover gestire un tempo fortemente rallentato e dilatato, la frustrazione per la privazione di beni e servizi non fruibili, ma anche una diffusa incontrollabile paura del contagio, irritabilità e disturbi dell'umore. E' anche vero, però, che l'emergenza si è rivelata una forte opportunità, per le famiglie e la scuola, per riscoprire i propri differenti ruoli formativi, consentendo la realizzazione di quella preziosa alleanza educativa, voluta e sperata dal Patto di Corresponsabilità, che dovrebbe sostanziarsi in un concreto, costruttivo dialogo educativo.
Se pensiamo ai fenomeni di bullismo e cyberbullismo che negli ultimi anni della scuola hanno evidenziato un crescente disagio giovanile, determinato dalla mancanza di senso esistenziale e da una diffusa atonia valoriale, comprendiamo come il compito della scuola sia divenuto, ultimamente, più complesso ed articolato nella gestione di alunni sempre più demotivati, difficili da coinvolgere e da interessare, nonché di famiglie sempre più impegnate e disattente o iperprotettive e pretenziose di risultati scolastici, dovuti e non meritati. Il tutto inquadrato in una cornice di comportamenti ambigui che nascondono una diffusa fragilità di ruoli e di compiti, oltre che di assunzione di responsabilità, sia da parte degli alunni che delle famiglie.
E' altrettanto vero, però, che la scuola da tempo persegue la realizzazione di un progetto di comunione di finalità e intenti con le famiglie, pur nella diversità dei ruoli e nella separazione dei contesti d'azione, una condivisa responsabilità educativa che possa concretizzarsi in una fattiva e costruttiva collaborazione. Purtroppo, nella realtà, il dialogo scuola-famiglia è risultato, il più delle volte, faticoso e improduttivo. Nell'emergenza, però, si è assistito ad un cambiamento delle dinamiche relazionali: la convivenza in casa, forzata e prolungata, ha fatto riscoprire relazioni significative tra i membri del nucleo familiare e tra docenti e genitori i quali, inevitabilmente, sono divenuti parte essenziale della didattica a distanza e, quindi, del processo formativo dei propri figli.
La scuola, dal canto suo, ha affrontato nuove e diverse sfide: garantire il dialogo formativo portando avanti una didattica a distanza con professionalità, impegno e dedizione; prevenire e arginare forme di discriminazione sociale tra chi era in possesso o in grado di utilizzare le strumentazioni tecnologiche e chi no; garantire un sostegno adeguato e interventi personalizzati agli studenti BES ma, soprattutto, ha cercato di dare un senso all'attuale momento, rivalutando e riappropriandosi di un ruolo e di una funzione perduti da tempo, attivando una solidarietà digitale che ha consentito di continuare il dialogo formativo, anche se con modalità differenti e nuove. Emerge, così, nelle difficoltà e nei disagi vissuti in questi mesi, un aspetto positivo ma, nonostante bambini e adolescenti abbiano subito meno l'impatto diretto del virus, non si può ignorare, invece, un impatto indiretto di maggiore portata.
La chiusura della scuola, misura drastica prolungata nel tempo, ha allontanato gli studenti dai propri compagni, dai docenti e da un contesto che occupava la maggior parte delle loro giornate, sia da un punto di vista temporale che sociale, accentuando, in alcuni casi, le disuguaglianze nell'accesso alle opportunità di apprendimento e di socializzazione e diffondendo una nuova forma di dispersione scolastica. Nonostante, per i più piccoli, le figure genitoriali abbiano cercato di colmare la mancanza di relazioni sociali con comportamenti rassicuranti, resta il fatto che il distanziamento sociale abbia prodotto sui piccoli effetti negativi sotto l'aspetto emotivo-relazionale-sociale, con ripercussioni sugli apprendimenti.
Un effetto più risonante si è avuto, poi, sugli adolescenti, un'età che si nutre di relazioni con i coetanei più articolate e complesse, un'età in cui la dimensione sociale, sia in positivo che negativo, è elemento sensibile e vulnerabile di crescita per lo sviluppo della personalità. Gli effetti negativi della deprivazione socio-relazionale, prodotti sugli adolescenti, pur mitigati dall'uso intensificato dei social digitali, necessitano di ulteriori analisi, poiché siamo ancora dentro il fenomeno e dei dati non si può fare una lettura quantitativa, ma si può solo effettuare una riflessione ragionata e qualitativa dei vissuti, delle emozioni che alunni e famiglie hanno riportato. Non si vuole, in tal senso, dichiarare il fallimento di una scuola che, nonostante le enormi difficoltà, ha cercato di garantire il proseguimento, pur mediato dalla famiglia, delle attività scolastiche, ma si vuole, invece, evidenziare come l'emergenza abbia impoverito gli studenti di quella dimensione socializzante che caratterizza il contesto scolastico e che rappresenta un elemento fondamentale per il processo completo di crescita e di sviluppo degli allievi. Indubbiamente bambini e ragazzi hanno affrontato questi forzati cambiamenti in modo differenziato in relazione alle diverse età e ai contesti socio-culturali-familiari, ma ognuno ha comunque vissuto la consapevolezza di un profondo e necessario cambiamento, che lascerà un segno evidente nelle dinamiche relazionali e sociali future. In questo orizzonte, è necessario capire come la scuola possa sostenere docenti, famiglie e studenti, come possa preparare gli alunni ad un rientro dopo tanti mesi di distanziamento. Bisogna ri-pensare ad un contesto-scuola organizzato che faciliti la ripresa e sia pronto ad accogliere in sicurezza, ma che sia anche capace di spiegare ad alunni e genitori i cambiamenti in modo chiaro ed esaustivo, rimettendo in gioco quelle competenze professionali attraverso l'imparare ad imparare, al fine di rendere significativa quella vicinanza, tanto desiderata da alunni e docenti.
Sarà, quindi, importante sostenere alunni e famiglie attraverso comportamenti rassicuranti che la scuola, nello svolgimento del suo ruolo istituzionale e sociale, è chiamata a svolgere in un modo nuovo e diverso. La ripresa delle attività e un auspicato ritorno in classe in condizioni di sicurezza, dovranno prevedere un periodo di transizione con piani di intervento psico-educativo e di supporto ad alunni e famiglie, interventi indispensabili che dovranno essere orientati alla diffusione e al perdurare di comportamenti regolati, ad esprimere le emozioni rispetto alle esperienza vissute, a sviluppare o rafforzare le strategie di adattamento, a promuovere la solidarietà e il supporto nei confronti dei più vulnerabili e di chi ha subito le situazioni più gravi della pandemia. Il risultato non sarà il trasferimento pedissequo dei contenuti, ma sostanziare la relazione educativa in modo costruttivo e competenziale.
In tal senso, la scuola non sarà più solo l'edificio, lo spazio fisico, nè il parcheggio temporale a sostegno delle famiglie, la scuola dovrà rappresentare gli studenti, i loro bisogni, i processi di apprendimento e ciò che farà la differenza, in questa nuova fase di ripresa, sarà diffondere una vicinanza più relazionale che fisica. Se i docenti, professionisti dell'educazione, saranno capaci di realizzare tutto ciò, gli studenti troveranno un clima adatto a promuovere una nuova dimensione di cittadinanza attiva, che richiami l'attenzione sugli effetti che ogni comportamento sociale del singolo ha sulla comunità, una scuola insomma capace di promuovere la consapevolezza che l'assunzione di ogni più piccola responsabilità individuale diventa una responsabilità sociale suddivisa e condivisa. In questo modo, alle future generazioni resterà la certezza che la nostra vita è, inevitabilmente, interconnessa a quella degli altri, sia virtualmente che fisicamente, e la vicinanza diverrà espressione della libertà di vivere con gli altri e tra gli altri".

Redazione

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