Era la sera del 3 giugno 2014, quando, poco dopo le 22.30, in un’abitazione di Trepuzzi, si consumò una grande tragedia che portò alla morte di una donna e a relative conseguenze di cui si discute ancora oggi.
Giovanna Trofino, 39 anni, infatti, quella sera, si sarebbe gettata dal balcone del suo appartamento, lanciandosi nel vuoto da un’altezza di quasi nove metri, perdendo la vita sul colpo. Unico indagato, il compagno A.Q., 42 anni, anche lui di Trepuzzi, che avrebbe, anche stando a quanto denunciato dai familiari della vittima o agli sfoghi della stessa sui social, maltrattato la donna, opprimendola ed esasperandola fino al punto da istigarla al suicidio. Da quel momento, partirono indagini avviate dai Carabinieri della Compagnia di Campi Salentina, archiviazioni dell’inchiesta, nuove aperture del caso; un via vai di incontri, processi, perizie, analisi dei dati e degli incartamenti, ascolto di testimoni e documenti sbobinati. Fino a pochissimi giorni fa, quando il giudice per l’udienza preliminare, al termine del processo con rito abbreviato, ha assolto il 42enne «perché il fatto non sussiste», anche sulla base del fatto che la vittima, quando era in vita, non avrebbe mai denunciato l’uomo per maltrattamenti e non risulterebbero esserci certificati medici che proverebbero lesioni, ecchimosi, lividi o escoriazioni subite dalla donna per mano del 42enne, oggi assolto, quindi, dall’accusa di maltrattamenti in famiglia aggravati dal suicidio della vittima.