Festa speciale tra Novoli e Trepuzzi gemellate in nome di Sant’Antonio Abate.
Accanto alla ricorrenza civile che si rinnova ogni anno con i due Comuni, la Fòcara, è stata officiata la celebrazione eucaristica anche a Trepuzzi nella Cappella dedicata al Santo del fuoco. Per tanti pellegrini la figura di questo grande Santo si presenta come un esempio di carità, emblema del santo taumaturgo che non esitò a rinunciare alla vita comoda per dare sè stesso alla causa divina. Sant’Antonio d’Alessandria, nella sua effigie della Cappella sita a Corso Umberto a pochi passi dalla Chiesa Matrice di Trepuzzi, ha impresso sul mantello il simbolo del tau, la croce egizia, fra gli attributi che caratterizzano la sua immagine il fuoco, l’elemento che lo ha reso famoso, il bastone e il campanello, i compagni del suo viaggio nel deserto. Come in tutte le solennità che si rispettino, è stato compiuto un percorso a ritroso della vita del Santo d’Egitto messo in luce dal celebrante, Don Aldo Marzo, sacerdote da due anni, di origini squinzanesi, che nell’omelia ha rimarcato l’impostazione cristocentrica a cui invita i fedeli ad ispirarsi seguendo la spiritualità antoniana.
In più il comandamento dell’amore e la carità sono i temi cari proposti nella predica a cui ha partecipato una moltitudine di persone provenienti da ogni dove. Si vive in un contesto come in un tempo sospeso fra sacro e umano alla vista di una miscellanea di colori e simboli sullo sfondo dell’altare affrescato che illustra scene del Vangelo come l’Annunciazione, il simulacro della colomba dello Spirito santo che culmina col volto del Redentore. La Chiesetta risalente all’epoca costantiniana, iscritta tra i luoghi da tutelare del FAI (Fondo Ambiente Italiano), venne nominata per la prima volta intorno alla fine della prima metà del secolo XVII in occasione della visita di Mons. Pappacoda. Da oltre un secolo si è occupata della sua manutenzione la famiglia Metrangolo, oggi affidata alle cure di un discendente, il dott. Antonio Pezzuto, Cavaliere del Santo Sepolcro. Riandando indietro nel tempo e facendo dei raffronti con la realtà odierna, emergono degli aspetti che non si possono non considerare. Fra la condizione in cui ha vissuto nel remoto 250 dc il Santo della Tebaide e la situazione in cui si trovano i giovani d’oggi, vi sono peculiarità comuni e implicite differenze. Avviene che molti, pur non aderendo all’anacoretismo a cui era dedito Sant’Antonio d’Alessandria d’Egitto, sono di fatto isolati vivendo fondamentalmente fra quattro mura attaccati alla tastiera degli apparecchi digitali, che non favoriscono la concentrazione spirituale ma altresì un ripiegamento su se stessi e l’attimo fuggente. Di contro, l’icona di Sant’Antonio primo abate risalta per la forza del suo profondo vissuto pregno di preghiera, luce, devozione e pathos. Ma in comune con le generazioni del ventunesimo secolo e il Santo fondatore del monachesimo cristiano vi è l’amore per gli animali, dei quali il santo è protettore. Si registra infatti attualmente un particolare interesse da parte degli animalisti che dedicano una grande cura a queste creature viventi, in particolare ai privilegiati animali domestici.
Dunque, passato e presente fanno ben sperare su come maturerà l’evoluzione del sentimento riservato al Santo, provato da subìte e vinte tentazioni e al quale ci si può affidare sicuri che il suo fuoco sacro nell’algido inverno riscalda tutti i devoti e al quale con grande fede e fiducia si guarda e si portano i propri voti.