Servizio silenzioso, servizio discreto, servizio generoso. Sempre col sorriso sulle labbra. Sempre pronta ad evangelizzare. Sempre in prima linea, mai in prima fila.
Si chiama Ada Centonze la protagonista di una vita vissuta così. Se n’è andata senza fare rumore, nel suo stile. Ma quando a Squinzano si è diffusa la notizia della sua partenza per il cielo, nessuno si è perso in formalità dettate dal momento triste o in banali ricordi di circostanza. Perché lei era così per davvero: una parola buona per tutti, sempre accompagnata da emozioni sincere, mai formale e sempre libera e leale. Sempre disponibile ad accompagnarti con le sue preghiere. Due i legami forti: la sua famiglia (con Luca e Simone sempre in petto), e la comunità parrocchiale, la sua seconda casa.
Figlia spirituale di don Franco Lupo (quotidiani erano i colloqui telefonici fino al giorno della morte del suo primo viceparroco, giorno triste per lei e per tutti noi) ma anche di don Salvatore Leone e soprattutto di don Antonio Caricato (è scappata una lacrima bella e sincera all’arciprete non appena l’ha saputo), sacerdoti a cui ha affidato negli anni la sua anima oltre che i suoi affettuosi e umili slanci spirituali, al netto del suo lavoro in municipio fino all’età della pensione, la parrocchia per lei era tutto.
Infaticabile come catechista, appassionata del canto liturgico e della Polifonica “Santa Cecilia”, innamorata dell’Azione cattolica fino alla fine, mai stanca di servire il Signore e la sua Chiesa in mille modi, col passo indietro a tutti e con esemplare umiltà.
Non a caso, ieri mattina, per il rito delle esequie, la parrocchiale San Nicola era gremita di amici e di amiche, perlopiù colleghe di apostolato laicale, che si sono stretti intorno a lei, alla sorella, al cognato e ai due amati nipoti, anche se limitatamente al contingentamento forzato. E le parole di don Nicola Macculi (l’ultimo parroco che ha “potuto servire”, poi la pandemia e gli acciacchi della salute e dell’età, l’hanno allontanata fisicamente dalla vita attiva della parrocchia) ma anche quelle finali di don Alessandro Scevola (ha concelebrato con loro pure don Gigi Manca), sono risuonate come melodie di gratitudine corale, comunitaria, orante. A nome dei tanti che da bambini ella ha accompagnato alla scoperta della fede cristiana e seguito nel cammino per i sacramenti dell’iniziazione e di tutti coloro che in diverse generazioni hanno goduto della sua esemplare e preziosa testimonianza evangelica. Dirle grazie non è solo un pensiero gentile: è soprattutto una preghiera. Perché dal cielo continui a seguire la sua comunità, i suoi sacerdoti, e tutti coloro che hanno avuto il dono di averla accanto come compagna di viaggio.