Tra i numerosi santi ai quali si affidano con devozione gli squinzanesi, Sant’Antonio da Padova è il santo al quale viene riposto un sentimento di speciale venerazione e fiducia.
E questa particolare venerazione è attestata non soltanto dai numerosi cittadini che portano il nome del santo portoghese, dichiarato “dottore della Chiesa” nel 1946, spesso declinato con nomignoli e sottonomignoli del tipo “Uccio”, “Ntunuccio” o “Ntoni”, ma anche e soprattutto dalla presenza in tutte le chiese della città di almeno una statua, una tela o una stampa del santo che la Chiesa cattolica festeggia oggi 13 giugno, giorno della sua morte avvenuta a Padova, a soli 32 anni, dove è sepolto il suo corpo, nel 1231.
In Chiesa Madre, dove un tempo vi era un altare dedicato al Santo e dove oggi è ancora collocata un’antica tela che Lo ritrae, nei giorni della festa viene traslata, dalla cappella di San Salvatore, dove è collocata durante tutto l’anno, la statua in cartapesta del santo, realizzata da autore ignoto nel 1909, su commissione dai coniugi Michele e Maria Campa, così come risulta da una targa posta sulla base della stessa statua. Il simulacro nel corso del ‘900 è stato oggetto di controversie tra il mondo laico e quello cattolico. Infatti, sia la confraternita del santo che la parrocchia di Santa Maria delle Grazie, che la teneva in custodia presso il convento dei Frati Minori, se ne contendevano la titolarità. La disputa fu “vinta” dalla confraternita e la statua fu portata nella chiesa di San Leonardo e da allora fu la stessa confraternita a prendersene cura e a portarla in processione ogni anno il 13 giugno. Fu così che il compianto devoto Antonio Agrimi fece realizzare una seconda statua dal maestro Pietro Indino che è tuttora custodita presso la “chiesa del Convento” e che viene portata in processione il giorno della festa del santo. Ma nella chiesa Santa Maria delle Grazie - il convento per gli squinzanesi - è presente anche, nell’altare della navata destra un altorilievo in cartapesta realizzato dal maestro leccese Raffaele Caretta commissionato a devozione dal compianto Umberto Orefice che rappresenta il santo nel momento in cui Gli appare “Il Bambin Gesù”.
Altre statue che rappresentano Antonio da Padova sono presenti nella chiesa di Maria Regina, nella cappella di San Giuseppe e nella chiesa di Mater Domini. Nella chiesa di San Giovanni Battista i devoti di Sant’Antonio santo sono soliti pregare davanti ad un’antica stampa che Lo riproduce, collocata in una cornice in legno posizionata sull’altare di San Vincenzo Ferreri.
Nel santuario della Madonna Annunziata e del Garofano le statue che rappresentano Sant’Antonio da Padova sono addirittura tre. La più piccola, che poi è anche la più antica (cm. 60 circa di altezza) è del secolo XVIII. È in pietra scolpita e dipinta ed è posizionata nei locali al primo piano annessi al santuario. Il santo è rappresentato in piedi con l’abito dell’Ordine e regge tra le mani il Bambin Gesù (acefalo) completamente nudo. Nella sagrestia è conservata un’altra statua del santo in cartapesta realizzata da maestro Cesare Gallucci nella sua bottega di Lecce dove veniva coadiuvato fino alla sua morte avvenuta nel 1980, dai figli Attilio e Carmelo. La terza statua dedicata al santo, realizzata in legno poi dipinto, è posta sull’altare maggiore. Il Santo è raffigurato in piedi con il saio dell’Ordine impreziosito da decori in foglia oro. Ha lo sguardo assente rivolto in alto e regge nella mano destra il libro delle preghiere sul quale era assiso il Bambin Gesù. Durante la notte del 17 maggio del 2004 la piccola scultura di Gesù Bambino, fu rubata da ignoti insieme a due tele ovali poste sull’altare Maggiore che raffiguravano uno “L’adorazione dei magi” e l’altro “L’adorazione dei pastori”. Nella stessa notte fu anche rubata la tela più significativa della Chiesa edificata da Maria Manca dopo l’apparizione della Madonna avvenuta il 21 ottobre del 1618. Il quadro infatti rappresenta la scena di un uliveto situato a Squinzano dove esisteva anche una piccola cappella con l’immagine della Madonna che Maria Manca era solita pregare e venerare. L’anonimo autore del dipinto ha voluto rappresentare Maria Manca con una cesta di vimini in procinto di attendere alle fatiche della terra con alle spalle la Vergine con il garofano in mano. Nella scena è raffigurato anche il diavolo con le braccia e le ali aperte quasi a voler rammentare la condizione di ex posseduta della pia donna (Squinzano – il Catalogo dei beni culturali Dipinti e sculture - Pietro Salvatore Polito – 2011).