È trascorso più di un anno da quella brutta vicenda che sconvolse la cittadina di Squinzano, quando si diffuse in paese la notizia di un feto morto ritrovato in un armadio, in un'abitazione nei dintorni dello stadio comunale.
Una notizia che provocò l'indignazione e l'amarezza di molti, per un gesto che fu definito da tanti, 'inumano' e 'brutale'. La protagonista, una giovane mamma di Squinzano, oggi maggiorenne, si recò presso l'Ospedale di Copertino con una grave emorragia in corso, dalla quale si dedusse il recente parto dell'allora diciassettenne. Varie indagini successive portarono i Carabinieri della stazione di Squinzano al ritrovamento del feto nell'armadio di un'abitazione che la giovane condivideva con la sorella e con il compagno di quest'ultima, successivamente indagati anche loro perché ritenuti a conoscenza dei fatti. Nonostante si appurò che il feto fosse venuto alla luce già morto, perché soffocato da un cordone ombelicale più lungo del normale, la giovane mamma fu accusata di infanticidio e occultamento di cadavere, in una serie di step e tappe di un lungo percorso giudiziario, fino all'udienza preliminare di ieri, 19 aprile 2018, che porta con sé una novità.
La ragazza, infatti, potrebbe scontare la sua pena, estinguendo il reato, affidandosi alla messa in prova e intraprendendo un percorso di riabilitazione. È quanto chiesto dal pubblico ministero della Procura minorile al giudice che adesso dovrà decidere se accettare o meno la richiesta di messa alla prova, servendosi di diversi elementi, come ad esempio le relazioni dei servizi sociali che se ne occupano, e che finora sembrerebbero essere piuttosto positive. La prossima udienza è fissata per il 28 giugno.