Ci sono cose che non riesci a spiegarti nemmeno dopo tanto tempo. Come quello che accadde la notte tra il 13 ed il 14 agosto del 1992 – esattamente trent’anni fa – quando Mauro Maniglio,
brindisino, fu ucciso per sbaglio. Vittima di mafia, Mauro era un mio amico d’infanzia, uno dei ragazzi più buoni del mondo. Quella sera rincasava in sella ad una Honda 1000, guidata dal cugino Giorgio, e sul lungomare di Casalabate fu brutalmente ucciso per errore: il suo killer lo aveva scambiato per un criminale che qualche ora prima aveva freddato un altro giovane a Leverano, per questioni legate alla malavita locale, prepotentemente gestita in quegli anni dalla Sacra Corona Unita.
Mauro aveva festeggiato i suoi 18 anni due giorni prima e di lì a poco avrebbe frequentato l’ultimo anno del Liceo Scientifico “Monticelli” di Brindisi. Aveva una distesa verde di sogni e speranze davanti a sé. Morì dissanguato poco prima di arrivare all’ospedale di San Pietro Vernotico.
Per noi fu uno shock immane, difficile da descrivere. Quando hai 18 anni pensi di spaccare il mondo, vedi tutto il bello della vita e credi che niente o nessuno può mai fermarti. Io ero in campeggio a Pescoluse, nella marina di Salve e la locandina del Quotidiano con la foto di Mauro mi lasciò senza fiato. La frase più ricorrente in quei giorni era “non si può morire così a 18 anni”. Con tutti gli sforzi possibili ed immaginabili della mente, noi ragazzi non riuscivamo a trovare una ragione o un motivo che placasse il dolore e la rabbia. Ci ripetevamo che non era possibile. Molti probabilmente decisero di scappare via da Brindisi verso un’università del Nord, anche alla ricerca di una speranza o di un futuro migliore. Quel proiettile maledetto aveva frantumato i nostri sogni.
Mauro era un ragazzo come pochi, educato, generoso, gentile ed elegante. Fin da bambino, a giugno, appena finiva la scuola, passavamo giornate intere nel mio cortile al Casale. Lui arrivava da via Venezia, una traversa alle spalle da casa mia, con la sua bicicletta BMX argento cromata ed azzurra, un gioiellino regalo di mamma e papà, che da figlio unico custodiva con orgoglio. Le corse dietro al pallone con Gianluca, Francois, Italo e Piermassimo, il cornetto Algida e il Cucciolone durante la pausa erano la nostra felicità. Mauro era un bambino speciale, col sorriso sempre stampato sul volto. Mai una lite, mai una parolaccia, riusciva a trovare sempre la soluzione migliore. Era altruista, conosceva l’arte del condividere e trasmetteva positività da tutti i pori. Sapeva amare come pochi.
A Mauro da qualche anno è stato intitolato il parco di Bozzano, il quartiere dove si trova la sede di Brindisi del CSV Brindisi Lecce, Volontariato nel Salento, il posto in cui lavoro. Passare ogni giorno davanti a “Parco Maniglio” mi regala un tuffo al cuore indicibile. Mauro, vittima innocente di mafia, da trent’anni mi ricorda ogni giorno di quanto la vita sappia essere al tempo stesso meravigliosa ed ingiusta. E noi ragazzi del ’92 in tutto questo tempo abbiamo cercato di trasformare ogni forma di ingiustizia in giustizia. E continueremo a farlo a vita.