Il romanzo di don Francesco rivive grazie all'inesauribile penna di Totino

Se dovessi dare un titolo, oggi, al dott. Salvatore Sisinni, per ciò che fa da diversi anni, dopo la sua meritata pensione da medico neuropsichiatra, sarei fortemente in difficoltà.

Potrei definirlo uno scrittore per i numerosi libri che ha partorito, un cronista per le storie che ha riportato alla luce e che riguardano la nostra comunità, oppure potrei definirlo un libero romanziere o uno storico locale per la semplicità della sua scrittura e per ciò che ci ha raccontato nei suoi scritti e che sarebbe andato, probabilmente, perduto se non l’avesse fatto.
Mai avrei immaginato di definire il nostro fecondo Totino un editore. Ma forse questi panni il nostro dotto non ha mai pensato di vestirli e mai li vestirà. Ma è comunque la prima cosa che mi è venuta in mente guardando la copertina del suo ultimo lavoro: “Francesco Tondo” – Don Jacopo: un prete per la gente ​ ​ – Un mosaico di memorie di fede e vita cristiana. Un quasi romanzo rivisitato ed integrato dal nostro Salvatore Sisinni.
Rinuncio quindi a questa faticosa ed improbabile impresa e vi invito a leggere questa sua ultima opera data alle stampe a cura delle Edizioni Sette Muse che altro non è che una ristampa di una storia scritta dal compianto sacerdote squinzanese Don Francesco Tondo, divisa saggiamente in 14 capitoli, arricchita dalla prefazione di Angelo Cappello e da alcune foto attinenti ai contenuti del testo.
Il romanzo narra la storia di Don Jacopo, prete semplice, umile e generoso. Don Francesco scrivendo il testo di certo si sarà guardato qualche vota allo specchio anche perché è palese il riferimento alla sua vita da pastore durante la quale ha sempre osservato e praticato il principio cristiano che “c’è più felicità nel dare che nel ricevere”.
Questa volta Totino ha forse voluto sdebitarsi nei confronti del suo amico Francesco grazie al quale, come lui stesso ammette, ha potuto studiare e laurearsi, rimasto orfano di padre, in un periodo molto difficile e certamente non facile dal punto di vista finanziario.
Dopo aver appeso il camice al chiodo il nostro medico ha sempre trovato un motivo per scrivere e raccontarci storie e personaggi che le nuove generazioni potranno conoscere solo grazie al suo meticoloso lavoro da “vecchio scrivano”.
Ed ecco che forse, senza volerlo, mi è uscito il termine che cercavo dove vecchio sta per saggio e scrivano sta per colui che fedelmente riporta la verità del suo pensiero su una pagina bianca da tramandare ai posteri e non solo a loro perché le sue storie non hanno tempo e a volte non hanno luoghi perché raccontano la vita di persone a volte importanti e a volte semplici che hanno lasciato un segno nella vita di chi ha avuto il piacere di conoscerle e che possono diventare strade maestre per chiunque volesse tenerle in considerazione, in ogni tempo e circostanza, come bussola della propria stessa vita.
Forse Squinzano, come spesso accade per chi esagera nel donare, non renderà mai compiutamente il suo grazie al nostro Totino per ciò che ha fatto finora e per ciò che di certo continuerà a fare per la nostra comunità.
Io approfitterò dell’occasione per incontrarlo e magari anche per incitarlo a continuare, qualora avesse bisogno di incoraggiamenti, cosa della quale dubito fortemente, martedì prossimo (9 giugno 2020) dopo la Celebrazione delle ore 19.00 presso la Chiesa di Maria Regina, occasione proficua per chiunque voglia salutarlo e portare a casa un altro tassello di quel grande e colorato mosaico che il​ nostro medico sta costruendo per la sua città.

Roberto Schipa

Giornalista Pubblicista

"È la stampa bellezza, la stampa e tu non ci puoi far niente, niente".
(Dal Film L’ultima minaccia - New York 1952)

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