Dott. Sisinni: "la telemedicina è una risorsa, ma sarebbe bello usare ancora i vecchi ferri del mestiere"

a cura della 07 Aprile 2021

Segue una nuova lettera del medico squinzanese Salvatore Sisinni, che condivide con Totem una sua riflessione sul vecchio rapporto medico-paziente, fatto di rapporti umani, vicinanza e contatto, in confronto alla telemedicina di oggi,

che lui definisce una 'risorsa', ma che non può sostituire 'i vecchi ferri del mestiere'. 

"C’era una volta la visita medica con due protagonisti: il medico in camice bianco che visitava e il paziente, piuttosto emozionato, che si faceva visitare. Tanto emozionato che i battiti del suo cuore aumentavano e la sua pressione arteriosa si impennava. Il medico, pazientemente, gli riascoltava il cuore e gli misurava nuovamente la pressione fino a tre volte. Il valore sensibilmente più basso della terza volta lo annotava in cartella, perché più attendibile, più vicino alla realtà. Ora non è più così, e da un po’ di anni.
I motivi sono vari: il sovraccarico del lavoro dei medici, almeno di quelli ospedalieri - non è un caso che l’organico dei medici nei reparti o nei Pronto soccorso non sono mai coperti -; la scoperta di nuove apparecchiature, per cui facilmente si dice che, ad esempio, una macchina (un mammografo o quella della Tac o della Risonanza) è obsoleta e va sostituita con altre di nuova generazione. Lo sfigmomanometro a mercurio d’un tempo, che impegnava il medico a porre la membrana del fonendoscopio sotto il bracciale o manicotto e le due olive alle sue orecchie, perché percepisca i cosiddetti suoni di Korotkoff, in base ai quali stabiliva il valore della pressione massima e quello della minima, non ci sono più o quasi. C’è, al suo posto, lo strumento elettronico, semiautomatico e, addirittura, quello automatico, che fa tutto da sé e comporta la comparsa sul display dei valori cercati della pressione e anche quello della frequenza cardiaca. Prima, classicamente, il medico, al capezzale del malato, con le due dita di solito della mano destra poggiate a livello del polso del paziente, sull’arteria radiale, si rendeva conto subito se aveva febbre o no, se era iperteso, normoteso o ipoteso o, ancora, se era - il suo cuore - fibrillante o ritmico, e, dal valore della bradicardia (rallentamento dei battiti) se era candidato o meno ad un pericoloso blocco cardiaco, che successivamente il cardiologo, con un esame elettrocardiografico, avrebbe confermato o escluso. L’input a scrivere queste poche righe me l’ha fornito la lettera pubblicata su “La Gazzetta del Mezzogiorno” del 6 aprile scorso, a firma di Antonio Marzano da Bisceglie (Bat).
Mi è piaciuta molto! È un capolavoro di fine ironia, sì, ma, in fondo, denuncia un’amara realtà. Il titolo è azzeccatissimo: “La Telemedicina già dilagante, che cos’è la visita al paziente?” Non la riassumo per paura di sciuparla. Mi limito soltanto a riportare, virgolettato, un breve passaggio: “Ormai la visita in studio [medico] è da vecchi rimbambiti, l’anamnesi verbale, l’utilizzo del fonendoscopio in presenza è da uomini primitivi...”.
Concludo dicendo che la telemedicina è una preziosa nuova risorsa che il medico ha a disposizione, ma egli dovrebbe continuare ad usare ancora i vecchi ferri del mestiere, contenuti nella classica “borsa da medico”, che è il regalo più bello e significativo, che si riceve dalla fidanzata o dal fidanzato o dai propri genitori, quando si consegue la tanto agognata laurea".

 

Redazione

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