Segue una nuova lettera del medico squinzanese Salvatore Sisinni, sempre sul pezzo, che commenta un'uscita, che il dottore trova 'indecorosa', della presentatrice Mara Venier durante una puntata della sua trasmissione 'Domenica In'.
“Qui siamo tutti incazzati” è un’espressione popolare significativa per esprimere la propria rabbia per qualcosa che non va, ma la si dice per lo più dagli uomini intenti a chiacchierare in un bar o tra due persone, sempre di sesso maschile, in una conversazione telefonica privata. Il vocabolario Zingarelli 2017 definisce la parola “incazzato” volgare. Ma l’espressione è indecorosa, se viene pronunciata, invece, in una trasmissione televisiva della domenica pomeriggio, seguita da milioni di telespettatori, qual è “Domenica in”. È successo il 18 aprile scorso, all’inizio della trasmissione, quando Mara Venier, denominata da sempre “la signora della domenica” - io la chiamerei la “signora padrona della domenica” -, intervistando un bravissimo luminare dell’ospedale “Spallanzani” di Roma che, dopo aver spiegato chiaramente tanti aspetti di questa pandemia, ancora in atto, rivolgeva l’invito a vaccinarsi. Lei, per dargli - come si suol dire - “manforte”, cioè per sottolineare e ribadire l’invito a vaccinarsi senza aver paura aggiungeva testualmente: “Perché qui siamo tutti incazzati”.
Espressione niente affatto elegante in quel contesto e, poi, pronunciata da una donna. Ora, credo si possa dire che per questa pandemia tante categorie di persone possono essere “incazzate” (imprenditori, ristoratori, proprietari di bar e pizzerie, tanti lavoratori dello spettacolo, parrucchieri, barbieri, estetiste, ecc.) ma proprio lei no. Perché la pandemia, suppongo, non le ha ridotto di un solo euro il lauto compenso per ogni puntata del suo programma (alla cui conduzione pare abbia fatto ormai l’abbonamento) non solo, ma non le ha impedito di conservare ed esibire un look perfetto, mentre ha usufruito gratuitamente, penso ancora, del personale di “mamma Rai”, specializzato nel “trucco e parrucco”. Non credo proprio che prima di andare in trasmissione, si sia lavati i capelli in casa da sola o, sempre da sola, si sia truccato il viso, gli occhi o si sia dato il colore ai capelli lucidi e lisci. E, allora, perché parlare in quel modo? Non sarebbe stato più prudente tacere e far parlare solo l’esperto infettivologo dello “Spallanzani”? Se si pensa, poi, che pochi giorni prima in varie città d’Italia i parrucchieri, in segno di garbata e civile protesta, hanno tirato su le saracinesche dei loro negozi e, in camice bianco, sull’uscio degli stessi, hanno incrociato le braccia. Perché, allora, non farli lavorare costringendoli, pene severe in caso di trasgressione, ad osservare rigorosamente le norme fondamentali anti-Covid, per quanto possibile, evitando che nel salone ci sia più di una persona in attesa. E, poi, mi chiedo e chiedo come facciano tanti uomini politici, che si presentano con capelli ordinati e, soprattutto, con la barbetta, oggi tanto di moda, trattata, almeno una volta la settimana, “a punta di rasoio”.
Due sono le possibilità: la prima, che abbiano una moglie molto brava ad usare il rasoio (che si può acquistare facilmente negli appositi negozi); la seconda, che si servano di barbieri disposti a lavorare in nero. E così questo provvedimento del Governo, che ha chiuso i negozi dei barbieri e dei parrucchieri, ha allungato la lista dei “falsi” disoccupati, favorendo, in tal modo, la piccola evasione fiscale. Come, del resto, ha fatto qualche anno fa, l’istituzione del reddito di cittadinanza.
Molti lavoratori, falsamente disoccupati, lo prendono e, nel contempo, lavorano in nero, percependo denaro in contante, non tracciabile e non tassabile. Alla faccia dei tanti “veri” lavoratori che sono destinati o a non aprire più i loro negozi e a trovare un altro mestiere (e non è facile) o, addirittura, a dichiarare fallimento. Gli indennizzi - i cosiddetti “ristori” - quando arriveranno - se arriveranno - saranno semplicemente i classici “pannicelli caldi” sicuramente non sufficienti a sedare la loro amarezza, per non dire rabbia. Essi dovrebbero veramente “incazzarsi” in questo periodo di crisi sanitaria ed economica, che non si sa quando finirà".