L'italiano sempre più trascurato. La lingua di Dante troppo "sporcata" dai termini inglesi

di Tommaso Calabrese 03 Ottobre 2021

La lingua italiana ha radici antichissime, e che derivi dal latino, non è certo un mistero, precisamente dal latino popolare del medioevo.

Anzi, proprio per conservarne le antiche origini, ancora oggi, nei licei, la lingua latina è una delle materie più importanti. Tuttavia, negli ultimi anni, molti istituti superiori stanno proponendo percorsi alternativi che vedono la sostituzione del latino con altre materie più di indirizzo. Questo è un primo segnale che la lingua latina, già definita da diversi autori come una lingua morta, cadrà ben presto nel dimenticatoio. Ma analogo rischio corre anche la lingua italiana? Certo non nel breve o medio periodo, ma l’evoluzione della terminologia e l’introduzione sempre più frequente di neologismi stranieri, rappresenta una minaccia concreta per la nostra lingua.
La tendenza alla “inglesizzazione” massiccia, si è resa sempre più pregnante negli ultimi anni. Avere il green pass durante il lockdown per accedere alla nursery passando per il triage, appare una richiesta normalissima ai tempi della pandemia. Così come normale, ci sembra far partecipare i nostri figli agli open day per apprendere le mission e la policy della loro futura scuola, prima di fargli compilare il questionario con la customer satisfation. Indossare una maglietta extralarge, può migliorare il mio outfit per una serata trendy? E cosa dire se non si riesce a terminare una partita con un clean shit perché si è preso gol in offside senza che la gol line tecnology se ne accorgesse? Per non parlare poi di tutte quelle miriadi di percorsi accademici che le università italiane fanno a gara per offrire: i corsi di safety engineering, risk management, digital marketing, spesso di inglese hanno solo il nome come se definirlo ingegnere della sicurezza fosse riduttivo o dispregiativo. Esprimersi con un misto di italiano-inglese, pare sia più una moda per darsi un tono specie a certi livelli del mondo della finanza o della politica, dimenticando che parlare di “certificazione verde” sarebbe molto più comprensibile e soprattutto molto più rispettoso della propria lingua e delle proprie tradizioni. Cosa che aveva già intuito Dante, quando diversi secoli fa scriveva che "sono molti che per ritrarre cose poste in altrui lingua e commendare quella, credono più essere ammirati che ritraendo quelle de la sua". Non abbiamo nessun bisogno e nessuna necessità di mostrarci “inglesofoni” a tutti i costi. Anche perché gli inglesi, con la Brexit, hanno scelto di allontanarsi dall’Europa, chiudendo le loro frontiere a quanti, per motivi di studio, lavoro o semplice svago, decidevano di trasferirsi in quei territori.
Accanto al massiccio uso di termini stranieri, nell’ultimo decennio si è fatta sempre più strada il ricorso a neologismi nati tra i più giovani a causa dell’uso sempre più frequente dei vari portali di socializzazione o, per tornare al discorso precedente e per farmi capire, dei social network. Taggare, flaggare, bannare, googolare, twittare, spammare, sono solo alcuni dei verbi nati in tali contesti, di cui voglio volontariamente ignorare il significato. Così come non dovremmo diventare follower di una influencer aggiungendogli i like o condividendo i suoi hastag.
Purtroppo la strada è ormai tracciata e difficilmente riusciremo ad invertire la rotta. Mi piacerebbe solo che nelle sedi istituzionali, nella pubblica amministrazione, nella scuola, nel mondo della cultura, si difendesse il più possibile la nostra bella e amata lingua. Come di recente ha fatto anche l’Accademia della Crusca, che ha ufficialmente protestato contro il Ministero dell’Università, per aver pubblicato un bando di concorso in parte in inglese.
Perché leggerla, parlarla, sentirla parlare in modo corretto, studiarne tutte le sfaccettature e i più profondi significati, deve essere un piacere non solo per gli studiosi della materia, ma anche per tutti noi, riscoprendo questo piacere proprio nell’anno in cui ricorre il settecentesimo anniversario della morte di Dante, sicuramente uno dei più grandi maestri della nostra lingua.
Nel proprio piccolo allora, ciascuno difenda la nostra lingua, perchè è una delle più belle al mondo, non a caso, una delle più difficili da studiare e imparare.

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