Desta tanta amarezza e indignazione, la storia iniziata più di un anno fa a Veglie e che ha visto iscritto nel registro degli indagati un operaio, F.C., cinquantenne del posto.
Si faceva chiamare “zio” da una quindicenne di cui pare si prendesse cura ogni tanto, dopo aver conquistato la fiducia dei genitori, accompagnandola nelle uscite con gli amici, in pizzeria, nei bar o per fare delle passeggiate. Morbose le attenzioni nei confronti della ragazzina, affetta da un lieve disagio psichico, e la quale avrebbe dichiarato, dopo un iniziale momento di ritrosia a parlare, degli strani atteggiamenti dell'amico di famiglia, che l'avrebbe ricoperta di attenzioni e richieste particolari o che più di una volta le avrebbe fatto delle scenate di gelosia per averla vista vicina ad alcuni coetanei e compagni di scuola.
In seguito alle indagini avviate allora dai Carabinieri della stazione di Veglie, si è giunti ora ad una condanna per il cinquantenne, che dovrà scontare nove anni e sei mesi di reclusione, con l'accusa di violenza sessuale continua e aggravata, oltre ad essere stato interdetto dai pubblici uffici e a dover rispettare, una volta scontata la pena, il divieto di avvicinarsi per un anno a luoghi frequentati abitualmente da minori.