"Desidero esprimere il saluto personale e quello dell’intera Caritas Diocesana di Lecce, che mi onoro guidare, al Sig. Sindaco, Dott. Nicola Serinelli, all’intera Amministrazione Comunale”.
Lo scrive Don Attilio Mesagne, 71 anni, originario di Squinzano, Direttore della Caritas Diocesana di Lecce, per citare uno dei suoi incarichi. “Ringrazio anche Sua Ecc. Rev.ma Mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, a tutti i Confratelli, alle Onorevoli Autorità Civili e Militari e agli Amici qui convenuti per una ricorrenza, confesso, per certi versi inaspettata, se pur umanamente gradita: il conferimento alla mia umile persona e al Pastore della nostra Arcidiocesi della Cittadinanza Onoraria del Comune di Torchiarolo, Città che ho servito per lunghissimi anni, peraltro gli anni più belli legati anche alla giovane età, anni carichi di entusiasmo e di dinamismo pastorale”.
“Posso affermare di non essermi mai “staccato” da Torchiarolo- continua il sacerdote- neanche quando sono stato chiamato a servire il Signore e i fratelli in altri contesti pastorali: Lequile, Lizzanello, Lecce, Squinzano, la carissima “Azione Cattolica” come Assistente Unitario, l’Ufficio Diocesano “Migrantes”, il benemerito Istituto Superiore di Scienze Religiose della Facoltà Teologica Pugliese e, naturalmente, la prediletta Caritas Diocesana”.
“Torchiarolo e gli Amici di Torchiarolo, indistintamente tutti, mi sono rimasti nel cuore e nei ricordi più belli; mai ho staccato la spina dalle tante case e dalle tante famiglie che in questi anni hanno continuato a considerarmi un riferimento.
Sento di ringraziare prima di tutto la Divina Provvidenza, che guida i passi e ispira nelle persone atti come questo gesto, umano ma significativo, che coinvolgendo nello stesso momento me e Sua Eccellenza, sottolinea l’unità di intenti, di cuore e di azione, il lavoro di comunione, costante e instancabile, che ha permesso alla nostra Chiesa Locale di raggiungere traguardi insperati”-
“Dobbiamo lavorare insieme, perché ognuno di noi si qualifichi come luogo di incontro privilegiato capace di bypassare ogni forma di discriminazione, riconoscendo che anche se ci sono tante etnie, tante tribù, stati e religioni, alla fine una sola è la “razza”, una sola è la “specie”, quella umana. E, per chi crede, una sola è la grande famiglia, quella di Dio.
“Solo se perseguissimo questi ideali- continua Don Attilio- ci sentiremmo tutti fratelli e crollerebbero tutte le inimicizie, tutti gli odi, tutte le brutture, tutte le guerre, tutte le criticità, tutte le povertà, tutti i contrasti di ordine economico, sociale, politico e religioso.
Prendiamo consapevolezza che non è più il tempo di vivere la fede in una maniera passiva, consuetudinaria, superficiale, occasionale, incoerente. È l’ora di un cristianesimo forte, fresco, attraente. È l’ora di uscire dal tempio, dalle comode e pigre abitudini. È necessaria una 'vera rivoluzione', quella cristiana, che ha al centro il bene comune, la giustizia sociale e la carità”- conclude così Don Attilio il suo discorso di ringraziamento per questo importante riconoscimento, lui che dell'oratoria e delle belle parole ne ha fatto una caratteristica tipica della sua personalità.