Il fuoco che divampa è uno dei modi più sentiti che adotta una comunità per festeggiare i Santi ed omaggiarne la cultura e la storia.
Dopo Sant'Antonio Abate, infatti, con il mega falò accesso a Novoli e le 'focare' fatte ardere nelle piccole comunità, tante città italiane, come Squinzano, sono pronte a celebrare la memoria di San Biagio, il martire e vescovo della comunità di Sebaste in Armenia al tempo della "pax" costantiniana, e protettore della gola, dopo aver guarito miracolosamente un bambino cui si era conficcata una lisca in gola. A questo episodio, secondo la tradizione, è collegato il rito della "benedizione della gola", compiuto con due candele incrociate. Nell'VIII secolo, poi, alcuni armeni portarono le reliquie a Maratea (Potenza), di cui è patrono e dove è sorta una basilica sul Monte San Biagio.
Tante le tradizioni legate al Santo: a Milano, ad esempio, si festeggia in famiglia mangiando i resti dei panettoni avanzati a Natale, o si preparano dolci tipici con forme particolari, che ricordano il santo, benedetti dal parroco e distribuiti poi ai fedeli. A Lanzara, una frazione della provincia di Salerno, per esempio, è tradizione mangiare la famosa “polpetta di San Biagio”. Nella città di Salemi, invece, si narra che nel 1542 il Santo salvò la popolazione da una grave carestia, causata da un’invasione di cavallette che distrusse i raccolti nelle campagne, intercedendo ed esaudendo le preghiere del popolo che invocava il suo aiuto. Da quel giorno a Salemi, ogni anno il 3 di febbraio, si festeggia il Santo preparando i cosiddetti “cavadduzzi”, ("cavallette"), per ricordare il miracolo, e i “caddureddi” (la cui forma rappresenta la gola), piccoli pani preparati con acqua e farina.
In onore di San Biagio, la comunità di Squinzano, farà ardere invece una piccola catasta di legno, che sarà accesa questa sera, venerdì 3 febbraio 2023, dopo la Santa Messa delle ore 18.30. Al termine della Celebrazione, si terrà un momento di festa sul sagrato della Chiesa Mater Domini, edificata nei primi decenni del Cinquecento sui resti di un'antica cappella basiliana. Nel 1778, la Chiesa fu poi ricostruita ed ampliata grazie alle elemosine di un devoto, come recita l'epigrafe posta sull'architrave della porta d'ingresso; successivamente, per volere di Giuseppa De Paulo, fu dotata degli altari della Beata Vergine di Sanarica e della Beata Vergine del Consiglio. Il 22 febbraio 1921, Mons. Gennaro Trama la elevò poi a parrocchia col titolo di Mater Domini.