"Certo è che la Giustizia italiana non gode affatto di buona salute in questi ultimi tempi: a Lecce il Pm Arnesano è stato tradotto in carcere e - se non vado errato - radiato dall’Ordine per gravi irregolarità professionali, imperdonabili;
a Brindisi un altro “uomo di legge” è andato incontro alla stessa sfavorevole, per non dire disonorevole, sorte; a Bari, ultimo atto, fresco fresco, quello del Pm De Benedictis e dell’avvocato Chiariello, ora entrambi nelle patrie galere, per corruzione, avendo intascato varie decine di migliaia di euro per aver favorito l’uscita dal carcere di condannati o indagati per gravi reati, quali sono quelli di mafia.
E, dulcis in fundo, il caso di Luca Palamara, un togato illustre di vertice che, costretto a dimettersi, ha deciso di “svuotare” - come si suol dire - “il sacco” e di parlare, scoprendo tanti altarini, tirando fuori dai classici armadi tanti scheletri, affidando le sue dichiarazioni alla bella penna del giornalista di lungo corso, direttore de “il Giornale”, Alessandro Sallusti da cui è nato un libro dal titolo “Il sistema”, che da alcuni mesi sta andando a ruba e che le varie televisioni stanno facendo a gare per presentare, invitando giornalisti di razza a commentarlo. Un caso davvero clamoroso che ha scosso dalle fondamenta, come uno shumani, l’Istituzione Magistratura, per importanza il Terzo Potere del nostro Stato repubblicano.
In altre parole, il Giudice Palamara ha voluto agire, visto che ormai scoperto, alla maniera dello storico Sansone. È rimasta, infatti, famosa la sua frase: “Muoia Sansone con tutti i Filistei”. Mai, come in questo periodo, la Magistratura ha perso di prestigio, di credibilità nell’opinione pubblica. È pur vero che - come si suol dire - non bisogna fare mai di ogni erba un fascio, ma sembra che, oggi, quella che prima poteva essere l’eccezione sta diventando la regola. Non si tratta delle solite “mele marce” ma di interi campi coltivati con astuzia incredibile, ad alberi di mele marce. Ah, quanto sembrano lontani i tempi in cui nel Foro di Lecce facevano le loro affascinanti arringhe avvocati illustri, quali - per fare solo qualche nome - Michele De Pietro, nominato Ministro di Grazia e Giustizia nel 1954 nel Governo Fanfani, gli avvocati Oronzo Massari, Pietro Sponziello, Vittorio Aimone (chiamato, in segno di deferenza, dai suoi collaboratori e allievi “Don Vittorio”).
Per non parlare, poi, in campo nazionale, del mitico avvocato e giurista Francesco Carnelutti, docente alla prestigiosa “Bocconi” di Milano. Altri tempi! Quando le carriere si scalvano in base ai meriti che si possedevano e non agli intrallazzi che si riusciva a realizzare, in alcuni dei quali ci vuole tanta fantasia, per non dire perfidia, attratti sempre da quel “vile” denaro. Qualcuno osserverà che anche prima si verificavano casi di corruzione e di deplorevoli sodalizi tra giudici e avvocati ma, certamente, dico io, non con la stessa frequenza di oggi. A questo punto, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dall’altro del Colle del Quirinale dovrebbe dire la sua parola autorevole, intervenendo con determinazione e fermezza per “sanificare”, cioè moralizzare il mondo giudiziario italiano. I cittadini vogliono riprendere fiducia nella Magistratura. E la nostra democrazia ne ha bisogno, pena la decadenza progressiva fino alla morte".
(Salvatore Sisinni).