Intervistiamo la scrittrice squinzanese Loredana Ruffilli, che è nelle librerie d'Italia con il suo ultimo romanzo “Ciao topolino” ed ha rilasciato a TgNordSalento delle anticipazioni sul suo nuovo lavoro letterario, oltre ad aver percorso insieme a noi alcune tappe della sua carriera di docente.
Buongiorno, prof.ssa Ruffilli. Lei è un’insegnante, gli alunni delle sue classi di Francese sono la sua vita, con quale aggettivo assocerebbe la sua professione al mestiere di scrittrice?
“Il mestiere di scrittrice è il mestiere di osservare la vita, analizzando sé stessi e poi, uscendo dall’ io narrante, carpire, comprendere il genere umano e i colpi di scena della stessa esistenza”.
Nel corso della sua carriera lei ha avuto a che fare con ragazzi provenienti da tutte le estrazioni sociali e con varie sfumature caratteriali, c'è qualcuno che l'ha ispirata nei suoi libri?
"Nel libro ‘Come lei mi insegna’ per Lupo editore, ho affrontato la storia di una docente precaria. Molti ricordi personali sono entrati in quelle pagine. I miei primi anni all’Istituto Tecnico SALOMI di Lecce sono stati fondamentali. Ma anche esperienze profonde vissute a Gallipoli e a Martano. Nondimeno, i miei ultimi 15 anni a Campi Salentina mi hanno toccato intensamente, per il bene voluto e ricevuto dai miei ragazzi”. Lei ha scritto parecchio, i suoi libri più noti sono "Una famiglia di sabbia" e il suo ultimo lavoro, "Ciao Topolino". Esiste un filo conduttore che lega tutte le sue fatiche letterarie?
“Potrei dire “la ricerca di verità”, se vogliamo di “giustizia”. Mi considero e sono una donna libera nel pensiero, scomoda, poiché sovente ho ricevuto atti di prepotenza culturale e di cattiveria morale. Ma non ho mai ceduto. Ciò che non uccide fortifica, e la forza della scrittura è quella della verità, del linguaggio franco, della non banalità. Ciò che lega i miei libri lega tutti i miei giorni, sul lavoro e non”.
Perché non ci parla un po' di lei? Le sue passioni e i suoi interessi.
“Sono una persona con molte passioni. Meravigliarsi e coltivate L’ io bambino significa vivere, perciò ho studiato canto jazz per 13 anni, ho praticato yoga, e lo sport è tutt’ora mio compagno vitale. Amo la cucina emiliana, poiché ho radici paterne modenesi. Inoltre, amo realizzare appuntamenti emozionali: cioè happening a base di musica, cultura e buona gente. Per anni ho curato le presentazioni delle Notti di San Giovanni presso Villa Cleopazzo per l’amministrazione comunale di Squinzano. Amo scrivere, di getto, riflettendo, sulla scia di u’ emozione o dopo una lunga riflessione. E tutto ciò lo coniugo a scuola, dove con i miei ragazzi viviamo momenti di vita fantastici ed indimenticabili.
Quale esperienza uno scrittore deve necessariamente fare e, al contrario, quale vizio non dovrebbe avere?
"Bisogna cibarsi di lettura, leggere, leggere tanto, divorare di tutto. Non scordare i classici, la propria formazione scolastica, ma anche sperimentare testi nuovi. La letteratura americana offre scenari di vita immensi come un film. E poi cibarsi di cinema, di arte, di musica, spaziare con l'istinto per dare libero sfogo a ciò che detta l'anima”.
Qual è stato il suo più grande successo e la sua più grande delusione?
“Il più grande successo è la mia famiglia, mia figlia Rossella e il sorriso dei miei ragazzi, il loro grazie anche dopo il tempo scolastico. La delusione quella di avere dato spazio e disponibilità a persone negative, colleghi squallidi, dirigenti frustrati e ambiziosi, falsi sodalizi umani. Ma tutto sommato anche questo fa parte del palcoscenico della vita. Ognuno dimostra quello che è”.
Qual è la differenza più grande tra educatore/insegnante e pedagogista, anche alla luce della sua esperienza letteraria?
"Il Maestro ti rimane nel cuore, degli insegnanti scialbi ricordi pico. Mai scordarsi di essere stati piccoli, studenti, in difficoltà, in corsa per un traguardo. Ma entrare nello sguardo di ciascun ragazzo, nella sua anima, portar fuori il talento, offrire una possibilità di essere il migliore, non lesinare abbracci, messaggi, ascolto. Fargli riconoscere la strada da percorrere, fargli toccare con mano l'umiltà ma anche il non arrendersi, insegnargli a provare, provare sempre. Essere al loro fianco ma senza smarrire l'autorevolezza.
Ha in mente un altro libro? Può darci qualche anticipazione in esclusiva per TgNordSalento?
“Sto per ultimare un romanzo che parla di una donna avvocato, trent’anni della sua vita e dei suoi cambiamenti, tra la missione di difendere le donne e la propria incapacità, per assurdo, di proteggere se stessa da un unico uomo, che a fasi alterne entra ed esce dal suo quotidiano. Non mancano i colpi di scena”.
Quale consiglio si sente di dare ai più giovani?
"Di essere sé stessi e capaci di essere originali, non omologati, di riconoscere le vere guide, i veri Maestri, di chiedere aiuto ed ascolto sempre e di vivere con un pizzico di ironia. Di avere un grande vero scopo per sé stessi: non perdersi mai”.
Se vuole, può dedicare delle sue frasi a qualcuno di speciale.
“Vorrei ringraziarti, Thomas, prima di tutto, per il nostro empatico rapporto anche a distanza di anni. E dire che nonostante tanti orpelli, inutili burocrazie, labirintici tecnicismi che la scuola ci impone, il mestiere di una prof è uno dei più belli che si possano fare”.