Il dio denaro e il valore della vita: le considerazioni del dott. Salvatore Sisinni

a cura della 23 Giugno 2023

Lo so, la mia è una voce stonata, fuori dal coro, al di là delle regole, quando mi pronuncio su certi argomenti - come questo che sto introducendo - ma voglio farla sentire ugualmente.

Anche se la maggior parte dei lettori mi daranno dell'alieno. Non mi dispiace molto, forse perché percorro da anni la via degli alienati. Mi auguro, pertanto, di non diventarlo e di rimanere un alienista. C'è molta differenza tra una condizione e l'altra, anche se i limiti tra le due sono molto sfumati.
Almeno, così si dice in giro. E vengo al dunque. Quando la potenza del “dio” denaro è inversamente proporzionale al valore della vita. Questo ho pensato, ovviamente molto rammaricato, della scomparsa di cinque persone nelle acque di un oceano, in cerca di provare l’ebbrezza di osservare da vicino i resti della gigantesca nave Titanic. La loro "missione" - si fa per dire - non aveva finalità scientifiche, che potevano essere utili alla società. Era una sorta di divertimento. Ma per divertirsi non bisogna rischiare la vita. Lo suggerisce il semplice buon senso. Allargando le mie considerazioni, non posso non criticare altri sport, ad altissimo rischio, quali - ne cito solo due - la Formula 1 e il pugilato. Se si mette da parte il vorticoso giro d'affari economici che investe chi li organizza e si fa tacere la passione - anche economica - del brivido dei piloti, la capacità di attenzione, controllo e concentrazione, spinta sino a raggiungere i 300 km orari e forse più, non credo faccia bene al cuore. E, passando al pugilato, a parte il fatto che gli spettatori che scalpitano ai quattro lati del ring, gridando, a squarcia gola: "finiscilo", "stendilo", "mettilo al tappeto", non è affatto pedagogico, scaricare, con cattiveria, una batteria di pugni in particolare i "ganci" sul capo non protetto o, in qualche modo, protetto dall'accorta vigilanza dell'arbitro, può provocare una malattia - non nell'immediato - neurologica molto grave che, nei Manuali sui quali si formano gli studenti in Medicina, viene denominata: "encefalopatia cronica dei pugilatori", vale a dire la sindrome di Parkinson. Chi non ricorda la fine che fece Cassius Clay, poi diventato Mohamed Alì? Lo sport - qualsiasi sport - dovrebbe rassicurare gli animi e divertire, non provocare malattie a prognosi infausta, sia quoad vitam sia quoad valetudinem.

Redazione

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