Dieci anni senza Vincenzo. Onestà e semplicità: l'eredità più grandi per i suoi figli

"Io non so dove vanno le persone quando muoiono, ma so dove restano». È una frase famosa, tipicamente da film o da romanzo rosa, ma potremmo tranquillamente riadattarla alla nostra vita, alla nostra esperienza, a quella che è la nostra realtà.

Quando qualcuno che amiamo va via per sempre dalla nostra quotidianità, dalla dimensione terrena nella quale agiamo e viviamo, quando si allontana dalla nostra vista, dalla nostra percezione sensoriale in genere, è il vuoto il sentimento più forte che si avverte, è la mancanza, il disorientamento, lo smarrimento. Esattamente dieci anni fa come oggi, anche Vincenzo lasciava la sua casa e i suoi affetti terreni, a soli 52 anni, per un male che non gli ha lasciato alcuna speranza. Ma Vincenzo, non è mai morto. I pensieri costanti di Andrea, Gemma e Flora, sono energia e linfa di vita eterna. È proprio la moglie Flora a parlare di lui, a raccontare lo splendido uomo, marito e padre che è stato, a tracciarne i lineamenti, a descriverne l'essenza, ad esternare ricordi, a condividere piccoli e grandi momenti di felicità.

Allegro, onesto, contabile stimatissimo sul suo lavoro; discreto, appassionato e semplice. Credeva fortemente nell'amicizia, quella vera, quella disinteressata; metteva il suo cuore nelle mani degli altri senza mai agire per un proprio tornaconto personale. Estremamente innamorato di sua moglie e dei suoi due figli, ha dato tutto se stesso al piccolo nucleo famigliare che rappresentava il suo Tutto. Un amore smisurato, che dava a tutti e quattro la capacità di “bastarsi”, di completarsi, di sentirsi completamente appagati anche solo stando insieme. Vincenzo, però, non è mai morto. Vive ogni volta che qualcuno ascolta i Pink Floyd, Zucchero, Anna Oxa. I suoi cantanti preferiti. Vive ogni volta che la radio suona Pino Daniele, che lui ascoltava solo per amore, ed è vivo ogni volta che Flora ripensa a quel concerto improvvisato dell'artista napoletano al quale Vincenzo la portò, regalandole emozioni uniche. Un galantuomo, dicono in tanti. Lo dicono i vicini di casa, lo dicono i suoi colleghi, gli amici che lo hanno frequentato, che lo hanno conosciuto, che hanno vissuto con lui momenti di convivialità e spensieratezza. Un uomo onesto. Lo ribadisce Flora, mentre ricorda piccoli aneddoti di cui è stato protagonista. Come quella volta che voleva indiscutibilmente tornare a casa per recuperare il suo portafogli e pagare il caffè appena preso nel bar di un grande amico, oppure di quella volta che, in una delle consuete passeggiate estive nella marina di San Cataldo con alcuni amici, restituì al titolare di una pasticceria un gran numero di pasticcini che gli erano stati dati per sbaglio da un dipendente, e per i quali qualcun altro aveva già pagato.

Una persona d'altri tempi, predisposto verso gli altri, amante della vita, delle cose semplici, del suo lavoro, delle persone buone. Un uomo che nella famiglia di Flora aveva conquistato un posto speciale, che con il suocero aveva creato un rapporto eccezionale, che è riuscito a farsi presenza costante e preziosa per Gemma e Andrea, nei confronti dei quali ha nutrito un amore così potente, incommensurabile e concreto, che la morte non ha mai potuto cancellare. Un'eredità preziosa che ha lasciato ai due giovani figli e al nipotino che porta il suo nome, esempi e testimonianze dirette della bella persona che è stata e che, oltre ogni limite fisico, continuerà sempre ad essere. Amava il mare, Vincenzo, e la montagna; amava viaggiare, conoscere, stupirsi; “amava leggere,- dice Flora- ad esempio, leggeva il Codice da Vinci”. Amava la vita ed è stato un combattente fino alla fine, fino al momento del saluto definitivo, quel momento al quale Flora e Gemma lo hanno accompagnato cantandogli “All'alba vincerò”. Proprio Gemma, insieme ad Andrea, in quel periodo arruolato nella vita militare, ricorda le colazioni tutti e quattro insieme la domenica mattina, l'immancabile bacio del buongiorno, alle quattro del mattino, prima di andare a lavoro, oppure i memorabili palloncini sparsi ovunque in casa nel giorno dei loro compleanni. Perché Vincenzo non è mai veramente morto. Tornerà a vivere tra queste parole e nei pensieri di chi le leggerà, vive nei suoi ricordini personalizzati, nelle messe di suffragio in cui ogni volta Flora racconta qualcosa di lui, rivive nei gesti d'amore di chi gli ha voluto bene. “L'importante è parlare di me; è così che si ricorda una persona. Tu vivi la tua vita, io guarderò attraverso i tuoi occhi”- le diceva lui. Un insegnamento che Flora ha fatto proprio, un'idea nella quale crede ciecamente e che le dà la forza di andare avanti per continuare a parlare di Vincenzo, a raccontare di lui, della stima e del rispetto che ha saputo guadagnarsi, della buona reputazione che ha saputo costruirsi, e dei buoni sentimenti che ha suscitato nella sua vita. Di tutto questo parlava il senso di raccoglimento e il silenzio che accompagnò Vincenzo nel suo ultimo viaggio, quello di dieci anni fa, un silenzio sacro, di devozione, di vicinanza; un silenzio che è stato un sostegno al dolore, una carezza per l'anima, un ennesimo gesto d'amore che Flora, Andrea e Gemma non hanno mai dimenticato.

Il tempo è troppo lungo per coloro che soffrono, il tempo è troppo breve per coloro che gioiscono, ma per coloro che amano il tempo è eternità. Presente come ieri e nel nostro domani, Vincenzo sei nel nostro cuore, e incorniciamo la tua assenza con i tanti e bellissimi ricordi che con l'amore abbiamo costruito. Tuoi Andrea, Gemma e Flora”.

Ilaria Bracciale

Redattrice

"La comunicazione avviene quando, oltre al messaggio, passa anche un supplemento d’anima."
(Henri Bergson)

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