Quest’anno la Festa della Donna è No War. Non si contano le manifestazioni in tutta Italia per dire no all’invasione dell’Ucraina e a tutte le altre forme di violenza.
Un pensiero però più di ogni altro mi distoglie dai fatti di oggi. Le guerre vanno fermate prima che i cannoni inizino a colpire. Senza voler fare valutazioni tecniche che non mi competono, posso comunque affermare che ciò non sia stato fatto. Poi apro i giornali e leggo le cronache dal Salento. Anche oggi (8 marzo)si registrano episodi di violenza nei confronti delle donne e l’aumento degli accessi ai centri antiviolenza. “L’amore malato dell’ex”. “Ai domiciliari con il braccialetto”. “Così mi ha voluto annientare”. “Una ferita che non guarirà mai”. "Tenta di uccidere la moglie, poi si toglie la vita: tragedia a Brindisi". Questi alcuni dei titoli. Chiudo i giornali. Apro una vecchia cartina di Squinzano per cercare una strada. Scorro l’elenco. Mi accorgo che nella nostra toponomastica, se escludiamo sante e beate, non troviamo il nome di una donna. Passo da Via Crocefisso davanti al Centro per la Famiglia “Il Melograno”. Lì davanti qualche anno fa cadde sotto i colpi di pistola Paola Marzo. Uccisa dal marito: padre dei due suoi figli che diceva di amarla. Quel Centro chissà perché non reca il nome di quella donna. Dimenticata da tutti. Ecco. Proprio non me la sento di festeggiare. Direi che non c’è nulla da festeggiare. Né di sventolare mimose. Magari è il momento di ascoltare le nostre coscienze. Proviamo a farlo senza vergognarci. Anche se non sarà facile.