Editoriale. Oggi è un giorno triste. Non troveremo più in edicola “La Gazzetta del Mezzogiorno”

Oggi è un giorno triste, per la Puglia, per il Mezzogiorno d’Italia. La democrazia fa un passo indietro, perché quando un giornale chiude si riduce il pluralismo culturale e politico. E non solo.

Soprattutto se a chiudere è un giornale come la Gazzetta del Mezzogiorno con 134 anni di storia alle spalle e che nemmeno le due guerre mondiali hanno saputo fermare.
Senza voler entrare nel merito delle motivazioni che hanno portato a questa drastica conseguenza o comunque criticare chi non sta facendo abbastanza per trovare soluzioni perché ciò non avvenga, non possiamo che lodare le centinaia di lavoratori che hanno fatto tutto ciò che era possibile fare. Dal 24 settembre 2018 ad oggi giornalisti e dipendenti hanno fatto sacrifici enormi per continuare a mantenere in vita il giornale.
E’ il momento questo delle responsabilità. Soprattutto di chi ha assunto l’onore e l’onere di garantire il rispetto della Costituzione e dei suoi meccanismi di garanzia del pluralismo democratico. Perché l’informazione, quella sana e vera va garantita. E nessuno credo che oggi possa mettere in discussione il valore del giornale che per tanto tempo è stata libera voce delle genti di Puglia e Basilicata.
La mancanza della Gazzetta del Mezzogiorno in edicola oggi è una sconfitta per tutte le testate giornalistiche del Sud Italia che da sempre operano nelle tante difficoltà economiche del nostro territorio.
E’ una sconfitta di tutti noi anche perché, come dichiarano dalla redazione della Gazzetta, “ogni giornale, non appartiene all’editore che la gestisce o alla redazione che lo realizza. Esso è patrimonio di tutti e identità collettiva di un territorio”.
Il nostro auspicio è quello che si possa trovare una soluzione immediata. Non servono le passerelle né le inutili dichiarazioni di solidarietà. Servono fatti, responsabilità ed una buona dose di coscienza.

Roberto Schipa

Giornalista Pubblicista

"È la stampa bellezza, la stampa e tu non ci puoi far niente, niente".
(Dal Film L’ultima minaccia - New York 1952)

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