Fu un caso di cronaca che più di qualche altro, destò incredulità, orrore e stupore, perché contraddistinto da una motivazione alquanto atipica ed incomprensibile.
Stefano Leo, 33 anni, di Biella ma di origini salentine, la mattina del 23 febbraio 2019, intorno alle 11, percorreva la zona del Lungo Po, nei pressi de i Murazzi, per raggiungere il posto di lavoro, quando fu brutalmente ed improvvisamente ucciso da una coltellata sferrata dal 27enne Said Mechaquat che incrociò il suo cammino, e che, come raccontato poi agli inquirenti, quella mattina aveva "deciso che avrebbe ammazzato qualcuno". "Comprai un set di coltelli e tenni il più affilato. Poi andai ai Murazzi e aspetti. Ho ucciso lui perché mi sembrava troppo felice e non riuscivo a sopportare tutta quella felicità. Volevo uccidere un ragazzo come me, togliergli le promesse e le speranze che aveva". E a distanza di poco più di un anno, è arrivata la sentenza per il 27enne, condannato a 30 anni di reclusione per l'omicidio confessato. Nel corso del processo l'avvocato difensore lo avrebbe descritto come un giovane malato ed instabile mentalmente, ma i periti lo hanno giudicato capace di intendere e di volere.