Solito inizio con pressing altissimo del Lecce. Come ha osservato Marcolin - un fuoriclasse dei commentatori - gli avversari ormai ci conoscono a memoria e cercano di superare la nostra pressione con lanci sulla prima punta.
StavoltaLa Viola non fa neppure questo ed attende, con Amrabat a protezione delle nostre ripartenze, che le nostre energie calino e la loro maggiore qualità di palleggio prevalga. Poi al minuto 30 arriva la cappellata sull'asse Gallo e (soprattutto) Falcone che non chiama, non esce e prende un gol da pollo.
Da lì dobbiamo - dovremmo - fare la partita ma emergono le croniche difficoltà di questa situazione.
La Viola non riesce a chiuderla (restare in partita è l'unico nostro grande merito), l'episodio può arrivare in ogni momento ma l'unica occasione è una grande giocata Strefezza Di Francesco con parata del portiere.
Continuiamo a prenderla con il centravanti di turno, ma in realtà, per fare la partita, abbiamo - quasi sempre compreso oggi -, in generale, troppo meno qualità degli avversari, sicché rubare palla e ripartire più che una scelta sembra una saggia necessità - ripagata da 27 punti - ed un fisiologico calo peggiora le cose (invece nulla da dire oggi sull'abnegazione di tutti).
Momento oggettivamente brutto, con 4 sconfitte consecutive, ma ancora si è ampiamente sopra la linea di galleggiamento e del resto un punto a partita ha quasi sempre regalato la salvezza, per cui non resta che romboccarsi le maniche e continuare a pedalare.
Forse, come diceva Marcolin, cambiare qualcosa nella situazione per noi più difficile (quando per necessità si deve atraccare), comincia a diventare un'esigenza, per me non come modulo ma come costruzione dell'azione e utilizzo dei calciatori.