Era l'11 novembre 2018, quando fu messo a segno uno dei più grandi colpi a danno della BNL, la Banca Nazionale del Lavoro, situata nella centrale Piazza Sant'Oronzo a Lecce.
Per quel maxi furto da un milione di euro, nel febbraio di quest'anno si è proceduto all'arresto di quattro persone da parte della Squadra mobile di Lecce e del Servizio centrale operativo di Roma: tre salentini, due residenti a Veglie e uno a Copertino, e un napoletano residente a Latina, tutti di età compresa tra i 44 e i 51 anni. Gli autori del furto sarebbero stati rintracciati grazie alla visione dei filmati delle telecamere di videosorveglianza, ai pedinamenti, alle intercettazioni e all'esame del DNA. Secondo le indagini, infatti, la banda si sarebbe introdotta e nascosta nella banca già un paio di giorni prima del colpo, disattivando l'allarme per agire indisturbati; avrebbero forzato almeno 60 cassette di sicurezza e, andando via di fretta dopo il colpo, avrebbero lasciato quattro borsoni contenenti attrezzi e arnesi da scasso, gioielli e altri borsoni vuoti. Un'altra sacca, invece, pare contenesse urina, frutto evidente delle molte ore passate dai ladri all'interno del caveau, utilizzata poi come prova per l'esame del DNA. Tra i quattro sottoposti ad ordinanza cautelare, anche S.M., 51enne di Veglie, che al momento dell'arresto pare si trovasse Linz, in Austria, per motivi di lavoro; dal carcere austriaco sarebbe poi stato trasferito in Italia il 5 marzo; ma è proprio nelle ultime ore, che la posizione del vegliese si alleggerisce, fino alla sua scarcerazione, secondo quanto deciso dal Tribunale del Riesame, le cui motivazioni saranno saranno rese note nei prossimi giorni. Era stato il suo avvocato a rivolgersi al Giudice del Tribunale del Riesame sostenendo l'assenza di gravi indizi di colpevolezza nei confronti del 51enne.