Sconvolse l’intera comunità di Squinzano, il fatto di cronaca avvenuto nel febbraio del 2017, quando all’interno di un armadio in un’abitazione del posto, i Carabinieri della locale stazione, ritrovarono un feto abbandonato in un sacchetto.
La giovane madre, allora 17enne, secondo le ricostruzioni e le indagini avviate in seguito, aveva partorito in casa un feto già morto, e lo avrebbe nascosto, appunto, nell’armadio. A scoprire il tutto, la corsa della ragazza in ospedale, pochissimo tempo dopo, a causa di perdite e forti dolori, dove i medici si resero subito conto del recente parto della diciassettenne. La giovane mamma fu accusata di infanticidio e occultamento di cadavere.
Nelle udienze successive, il Tribunale per i minorenni ha poi stabilito che la stessa ottenesse la messa alla prova di un anno due mesi, mentre nel processo svoltosi ieri presso il Tribunale di Lecce, è stata valutato e ridefinito, il livello di responsabilità e correità della sorella della giovane madre, A.P., 29 anni, e del suo compagno, N.S., 48 anni, che dividevano l’abitazione con la ragazza e che erano stati accusati di concorso in infanticidio in condizioni di abbandono morale e materiale.
Secondo gli ultimi sviluppi, invece, il sostituto procuratore generale ha chiesto la riduzione di pena per i due, da 14 a 5 anni di reclusione, riconoscendoli l’attenuante di aver agito esclusivamente per dare aiuto, rispettivamente alla sorella e alla cognata, e di non averla aiutata al momento del parto.
La prossima udienza è stata fissata per il 18 novembre, con l’aggiornamento della sentenza.