Ha compiuto un'impresa che lo ha segnato per sempre: viaggiare intorno al mondo per un anno, alla ricerca della diversità e della ricchezza interiore. Insieme al suo pallone, sul quale per l'occasione è stata dipinta una cartina del globo, ha visitato Mongolia, Cina, Myanmar, Thailandia, Laos, Vietnam, Malesia, Singapore, Filippine, Indonesia, Australia, Messico, Guatemala, Colombia, Brasile, Perù, Bolivia, Argentina, Portogallo. Andrea si è raccontato, dalle motivazioni di questo viaggio fino alle piccole conquiste che ha conseguito. Lui è tornato da poco, ma siamo certi che è solo l'inizio di un cammino che lo porterà verso altre realtà e a raccontarci situazioni di vita distanti dalla nostra.
Che cosa ti aspettavi da questo viaggio?
“Ho soddisfatto la mia sete d'avventura. Questo viaggio è stato anche un investimento su di me, nel senso che mi ha permesso di conoscere i miei limiti e le mie paure. Ti permette di perfezionare le lingue, parlo almeno tre lingue oltre l'Italiano”.
Hai abbandonato altri progetti per dedicarti unicamente a questo viaggio?
“In realtà no, da quattro anni a questa parte ho avuto come obiettivo realizzare questo viaggio. Un giro del mondo di questo tipo mi ha permesso di allungare gli orizzonti e avere nuove idee, che posso portare qui nel Salento. Mi ha permesso di capire di più me stesso, l'Italia ed il mondo”.
Raccontaci com'è nato il tuo compagno di viaggio, il pallone che ti ha accompagnato durante la traversata.
“Il pallone è stato elemento chiave del viaggio, mi ha permesso di entrare in comunicazione con tanti popoli differenti. Ogni volta che gli autoctoni vedevano il pallone, era una festa. Bastava metterlo a terra ed eravamo subito amici. Nessuno voleva realizzare la stampa su questo pallone, ma una mia amica mi ha aiutato con un disegno a mano ed è diventato così il simbolo dell'unione dei popoli”.
Hai colto differenze profonde tra il tuo Paese d'origine i Paesi che hai visitato, magari in ambito sociale o economico?
“L'Indonesia è stato il Paese più economico che ho visitato, dormivo con €2 a notte. In zone del Sudamerica capisci che la vita è difficile, non c'è proprio paragone con l'Italia. Le persone sono molto accoglienti e ospitali, nonostante abbiano pochissimo. In Colombia e Brasile ho visitato quartieri dove la gente davvero non aveva da mangiare, però lo stesso ti invitava a casa per una ciotola di riso. A livello di trasporti, invece, questi Paesi sono superiori all'Italia ed il nostro Paese può migliorare in questo senso, perché di risorse ne ha tantissime e ricordiamo che è pur sempre uno dei sette grandi della Terra. Ha una grande responsabilità”.
Hai avuto modo di trovare un po' di Italia nei posti che hai visitato?
“Di Italia ho trovato poco, in alcuni Paesi in realtà sì. Gli italiani sono turisti, non viaggiatori, per questo ne ho trovati pochi. In Argentina ho ritrovato l'Italia degli anni Duemila, sia per le auto sia per le mode che spopolano. Metà della popolazione ha parenti italiani o è di origine italiana o è italiana, per cui in Argentina c'è davvero tantissima Italia e dobbiamo essere orgogliosi di questo. La nostra presenza in Sudamerica è molto forte. Per il resto del Mondo, direi poco”.
Se dovessi redigere una lista di "buoni" e "cattivi", chi inseriresti?
“Tra i 'buoni' inserirei le Filippine ed il Perù per i paesaggi naturali, hanno tante cose da offrire. Tutto il Sudamerica avrebbe una valutazione positiva, ma in particolare la Colombia per la grande ospitalità degli abitanti ed ogni giorno è una festa. Per quanto riguarda i 'cattivi', ovviamente per quanto riguarda mia esperienza ed ovviamente non è una valutazione oggettiva, inserirei la Cina in quanto molto differenti culturalmente da noi, totalmente agli antipodi. Mi sono sentito distaccato anche in Australia”.
Se potessi tornare indietro, quale Paese vorresti assolutamente visitare e perché non hai potuto?
“L'India è un Paese che vale la pena conoscere, ma non ho potuto perché è un Paese grande e va visitato singolarmente e con un viaggio appositamente dedicato. Ti mette molto alla prova, un Paese difficile a livello igienico, di trasporti, di logistica, di sovraffollamento. Quando ho pensato di andare in India, venivo già dalla difficile prova in Birmania ed ho preferito rimandare”.
Perché hai voluto conoscere realtà totalmente estranee al mondo occidentale, come i Paesi del Sudamerica o del Sud-Est asiatico?
“I Paesi europei sono molto simili al nostro, la cultura italiana è radicata in tutti i Paesi del Vecchio Continente e non sarebbe stato difficile riconoscersi. Ho voluto approfondire nel segno della novità, questo discorso vale in particolare per il continente asiatico. Ho voluto cimentarmi con realtà filosofico-religiose importanti e diffuse come il Buddismo, l'Induismo... Un altro motivo è l'aspetto economico, in Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo il viaggio di un anno ha un costo decisamente alla portata ed è molto più facile viaggiare. Ho saltato l'Africa perché i voli dal Sudamerica sono molto costosi e, inoltre, la situazione geopolitica è instabile: dato che era la mia prima esperienza importante di viaggio, ho preferito evitare. Inoltre, i vaccini da fare erano differenti ed erano tanti”.
Sicuramente avrai lavorato per sostentarti, hai imparato delle tecniche o colto delle informazioni da poter sfruttare anche qui?
“Sì, ho lavorato. Ho lavorato in agenzie di viaggio in Nepal, ho venduto scorpioni in Thailandia ed ho capito tanto delle tecniche di vendita commerciando un prodotto inusuale per noi. Ho fatto anche il massaggiatore, in Australia ho raccolto mandarini.
In quale Paese sono più bravi con il pallone?
“In Asia, non me l'aspettavo, sono molto bravi, soprattutto in Birmania. Hanno un gioco per cui il pallone è di paglia e palleggiano con questa palla, hanno una grande tecnica e compiono anche acrobazie. In Argentina e Brasile il calcio è sentito quanto in Italia, proprio per la vicinanza culturale che c'è tra questi Paesi”.
Che cosa ti senti di consigliare a chi vorrebbe intraprendere un'esperienza simile?
“Fate il biglietto, perché senza biglietto le paure crescono esponenzialmente. L'esperienza deve essere tranquilla, non ansiogena. Dovete avere un'idea del viaggio che volete fare, dunque decidete se andare ad Est o ad Ovest oppure rimanere in Italia e scoprire l'infinita bellezza che c'è nel nostro Paese. L'organizzazione deve essere corretta, almeno le prime tappe devono essere stabilite prima, poi dopo si può seguire 'il vento'”.
Chi è Andrea Garofalo in realtà?
“Andrea Garofalo è un sognatore, è importante avere un obiettivo per cui battersi. Sono sempre stato attratto dall'avventura e dalla novità, sono una persona estremamente curiosa e voglio conoscere sempre tanto. Ciò che mi attrae di più è andare a conoscere un paesaggio nascosto, cosa si cela dietro una collina o un orizzonte. È importante conoscere culture differenti e dialogare, ovviamente mantenendo la propria identità ed essendo fieri del nostro essere italiani”.
Se tu dovessi dare una definizione geografica di te stesso, quale sarebbe?
“Io mi definirei "salentino", le radici non si rinnegano. La Puglia me la porto nel cuore, mi è mancata tantissimo durante la mia esperienza e soprattutto in estate, quando il nostro territorio è davvero il luogo più bello del mondo”.
Che cosa ti riserva il futuro?
“Oltre alla stesura del libro, vorrei portare dei ragazzi salentini all'estero per far conoscere queste realtà. C'è qualche "impresa" che voglio realizzare, manca tutta l'Africa, l'India, il Giappone, c'è l'Aurora Boreale che non ho visto e, a proposito di questo, vi racconto un segreto: volevo partire dal Tacco d'Italia, Santa Maria di Leuca, per arrivare fino a Capo Nord in camper. Vedremo!”.